19 Aprile 2024 03:13

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19 Aprile 2024 03:13

IMPERIA. NO BORDER A PROCESSO PER RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE. IN AULA IL RACCONTO DI UN ISPETTORE DELLA POLIZIA: “ERO SU UNA SCALINATA, QUANDO…”/L’UDIENZA

In breve: Presenti in aula circa trenta attivisti che hanno assistito all'udienza davanti al giudice Daniela Gamba

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Ha preso il via questa mattina, in Tribunale (blindato per l’occasione) a Imperia, il processo a carico di Gianni Balestra, 55 anni, difeso dall’avvocato Laura Tartarini, accusato di resistenza a pubblico ufficiale. I fatti risalgono al 4 ottobre del 2015 quando, al termine di una manifestazione in difesa dei migranti, alcune cariche della Polizia fecero disperdere i dimostranti. Balestra, attivista di lungo corso, venne fermato mentre stava fuggendo dalla Polizia.

In aula, alla presenza dell’imputato e di circa una trentina di attivisti, è stato sentito un agente di Polizia coinvolto nel fermo di Balestra, l’ispettore Alfredo Tiberi.

“I fatti si inseriscono nell’ambito di una manifestazione di piazza a Ventimiglia – ha dichiarato Tiberi, rispondendo alle domande del Pm – Venne creato un presidio con tende. Gli attivisti, no border, erano dispersi lungo tutta l’area. Era il primo anno in cui i no border allestivano un campo a Ventimiglia. Era l’ottobre del 2015. La manifestazione andava avanti da tutto il giorno. Eravamo in abiti civili, io e alcuni colleghi, per monitorare la situazione. Ad un certo punto, mentre ero su una scalinata, mi è arrivato uno spintone da Gianni Balestra.

Sono rimasto piuttosto sorpreso, perché con Balestra c’era un rapporto confidenziale. Era stato un gesto inaspettato. Proprio perché soggetto già conosciuto, non avevamo neanche proceduto con le operazioni di identificazione. Nel frattempo era in corso lo sgombero forzato dell’accampamento.  Gli attivisti vennero dispersi e poco dopo incrociammo Balestra da solo.

Ci avvicinammo con l’obiettivo di farci spiegare il perché di quel gesto così insolito. Balestra appena ci vide arrivare si diede alla fuga. Lo inseguimmo e lo raggiungemmo dopo circa 200 metri. Appena venne fermato, però, Balestra inscenò una sceneggiata senza motivo. ‘La polizia mi picchia’ urlava. Si dimenava e scalciava. Decidemmo così di farlo salire sulla macchina della Polizia a forza. Lui cercava sempre di divincolarsi con calci e spinte.

Colpì più volte gli agenti, senza però causare alcuna lesione. Un gesto però davvero antipatico. Poi abbiamo capito che probabilmente aveva assunto un comportamento violento e sopra le righe perché aveva bevuto troppo. Poco più tardi, infatti, si era già calmato. Non era un soggetto conosciuto come persona violenta”.

Il processo è stato aggiornato al prossimo 17 luglio.

IL RACCONTO DI BALESTRA A IMPERIAPOST

“Io stavo scappando, come normale che fosse durante una carica della Polizia – racconta a ImperiaPost – Alcuni agenti ci inseguirono. Un’auto della Polizia mi tagliò la strada. Scesero tre agenti, mi bloccarono e mi sbatterono sulla macchina. Mi portarono poi al Commissariato perché non avevo i documenti e volevano che mi facessi identificare. Io però la ritenevo una forzatura inutile, in quanto gli stessi agenti mi avevano già identificato due volte, il 30 settembre, durante lo sgombero del presidio no Borders, e il 14 agosto.

Venni denunciato per resistenza a pubblico ufficiale. Nell’atto di querela venni definito come ‘sedicente noto’, a dimostrazione del fatto che sapevano benissimo chi fossi e che l’identificazione non era necessaria. Sono stato successivamente raggiunto anche da un foglio di via da Ventimiglia della durata di 3 anni. Una restrizione che mi crea non pochi disagi visto che vivo in zona”.

“È chiaro che in questo modo – conclude Balestra – si intimidiscono le persone. Offrire il proprio aiuto e la propria solidarietà ai migranti non è un reato. Scappare dalla Polizia durante una carica non può essere considerato un reato. Il referto del mio medico parla di ecchimosi ai polsi e nella regione occipitale. Il che conferma che sono stato bloccato da dietro dalla Polizia. Non c’è stata alcuna resistenza. Alla frontiera sono morti tanti, troppi migranti. Quello è il vero problema, non chi protesta e chi solidarizza. La verità è che si vuole spostare l’attenzione per nascondere i veri problemi”.

 

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