28 Marzo 2024 17:39

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28 Marzo 2024 17:39

DRAMMA PORTO IMPERIA SPA. FALLIMENTO DICHIARATO EX ART 173. DURISSIMO IL DECRETO DI REVOCA DEL CONCORDATO/LEGGI IL TESTO

In breve: All'orizzonte lo spettro della bancarotta. Nel decreto si legge che "nessuno degli aspetti che condizionavano la fattibilità del piano, ed in particolare la transazione con il pool di banche, ha neanche fatto registrare il minimo passo avanti"

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Il fallimento della Porto di Imperia Spa, società incaricata della gestione del porto turistico, assume ogni giorno di più i contorni del dramma per la città di Imperia. ImperiaPost pubblica in esclusiva parte del decreto di revoca dell’ammissione al concordato, con conseguente dichiarazione di fallimento. Il decreto di revoca nella prima parte, cita svariati passati della relazione con la quale i Commissari Giudiziali nominati dal Tribunale di Imperia chiesero il fallimento della società nell’aprile scorso.
Nel decreto si legge che “nonostante il decorso di quasi 7 mesi dal decreto di ammissione, nessuno degli aspetti che condizionavano la fattibilità del piano, ed in particolare la transazione con il pool di banche, apparendo all’epoca quella con Acquamare non particolarmente problematica, ed esigendo il Comune di Imperia, per ridiscutere i termini della concessione, che dette transazioni venissero concluse, non solo non ha trovato soluzione – soluzione che veniva annunciata all’epoca dell’ammissione come raggiungibile nel giro di poco – ma non ha neanche fatto registrare il minimo passo avanti”.

Un’analisi durissima da parte dei giudici Francesco Pinto, Andrea Canciani e Ottavio Colamartino, riuniti in Camera di Consiglio.
Nel decreto si legge, inoltre, che “si provvede a contestuale sentenza alla dichiarazione di fallimento ai sensi dell’art. 173 comma 2 legge fallimentare“. Ed è questo uno dei passaggi chiave, che rischia di aprire un altro fronte giudiziario, questa volta finanziario, con lo spettro della bancarotta.
L’art 173 della legge fallimentare, infatti, recita: Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori. La comunicazione ai creditori è eseguita dal commissario giudiziale a mezzo posta elettronica certificata ai sensi dell’articolo 171, secondo comma. All’esito del procedimento, che si svolge nelle forme di cui all’articolo 15, il tribunale provvede con decreto e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza, reclamabile a norma dell’articolo 18. Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell’articolo 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte .

IL DECRETO DI REVOCA

>Nonostante il decorso di quasi 7 mesi (al momento del deposito della relazione) dal decreto di ammissione, nessuno degli aspetti che condizionavano la fattibilità del piano, ed in particolare la transazione con il pool di banche (apparendo all’epoca quella con Acquamare non particolarmente problematica, ed esigendo il Comune di Imperia, per ridiscutere i termini della concessione, che dette transazioni venissero concluse), non solo non ha trovato soluzione – soluzione che veniva annunciata all’epoca dell’ammissione come raggiungibile nel giro di poco – ma non ha neanche fatto registrare il minimo passo avanti.

Ci si sarebbe aspettato, qualora vi fosse stata l’effettiva volontà e possibilità da parte di tutti i soggetti coinvolti di pervenire finalmente alla definizione delle trattative, che alle ore successive alla comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza seguissero incontri o contatti e che nelle settimane successive fosse presentato un nuovo piano e una nuova proposta, con l’annunciato nuovo piano industriale e finalmente – con un accordo quanto meno tra Porto di Imperia, Acquamare e Pool di banche raggiunto e con avviate trattative anche con il Comune concedente.

Al contrario, nulla è pervenuto agli organi della procedura nel periodo intercorrente tra il 27 marzo e il 6 maggio 2014, segno che nulla di rilevante è accaduto in tal senso. Dalla memoria autorizzata depositata il 7 maggio si rileva che solo il 5 maggio (due giorni prima) le parti si sono incontrate, ma che ‘purtroppo le diverse parti non sono riuscite ad oggi a raggiungere un accordo idoneo a poter concludere, previa autorizzazione degli organi della procedura’ e che ciò nonostante ‘stanno continuando i contatti e gli approfondimenti per l’individuazione di una possibile soluzione concordata idonea a consentire la stipulazione di una adeguata transazione’.

Nulla di concreto, poi, sul versante bancario, viene apportato, mentre sul lato Acquamare la situazione è addirittura peggiorata rispetto alla possibile via transattiva esposta al momento del deposito del piano e della proposta di concordato: i proventi atteso dalla stipula dei contratti definitivi per la cessione dei diritti sui posti barca (pari a circa 8 milioni di euro, almeno a livello contrattuale) non sono più disponibili, sia sotto il profilo tecnico-legale, sia con riferimento alla capienza di detta procedura ‘nell’ambito della quale soltanto la piena fruibilità dei corrispettivo attesi consentirebbe di far fronte alle prededuzioni e ai crediti privilegiati”.

Ne, infine, vi sono novità in merito alla proroga della concessione, al giudizio tutt’ora pendente in sede giurisdizionale amministrativa, all’erogazione di nuova finanza necessaria per il completamento del porto.

In conclusione, ad otto mesi e mezzo dal decreto di ammissione, nessuno degli eventi da cui dichiaratamente dipende la fattibilità del concordato si è verificato e per nessuno di essi vi sono concreti sviluppi. Mancano pertanto, totalmente, le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato.

Da ciò consegue la revoca dell’ammissione al concordato, ai sensi dell’art. 173 legge fallimentare.

Stante la pendenza di istanza di fallimento proposta dal Pubblico Ministero in data 22/05/2013 (ribadita il 14/04/2014), si provvede a contestuale sentenza alla dichiarazione di fallimento ai sensi dell’art. 173 comma 2 legge fallimentare.

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