25 Aprile 2024 17:41

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25 Aprile 2024 17:41

IMPERIA. CASO AGNESI. RIFONDAZIONE COMUNISTA: “BASTA CON LE MENZOGNE, BISOGNA DIRE LA VERITA'”

In breve: Innanzitutto respingiamo le vergognose e strumentali accuse di chi, come gli esponenti del Nuovo Centro-Destra alleati col PD, affermano con il linguaggio velenoso e sbirresco che gli è congeniale, che la seduta del Consiglio Comunale di lunedì 8 settembre sia stata inaccettabilmente turbata per effetto dell'azione di 'sobillatori'

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Il partito di Rifondazione Comunista ha espresso nuovamente la propria opinione in merito al caso Agnesi dichiarando che le menzogne politiche devono finire e che è necessario dare più chiarezza.

Innanzitutto respingiamo le vergognose e strumentali accuse di chi, come gli esponenti del Nuovo Centro-Destra alleati col PD, affermano con il linguaggio velenoso e sbirresco che gli è congeniale, che la seduta del Consiglio Comunale di lunedì 8 settembre sia stata inaccettabilmente turbata per effetto dell’azione di ‘sobillatori’ (“professionisti della caciara”) tesa a esasperare il clima del dibattito e condizionare i consiglieri presenti. La realtà dei fatti è stata tutt’altra: la generale indignazione per come si stava strumentalmente distorcendo il contenuto della mozione presentata da “Imperia Bene Comune”, sostenuta da una petizione popolare che ha raccolto in città e nel territorio quasi seimila adesioni, convintissime ed entusiaste, ha fatto sì che dal pubblico, formato in per la maggior parte da lavoratori e cittadini, si contestasse – verbalmente e del tutto giustamente – la Maggioranza e l’Amministrazione, salvo, conclusa la votazione, abbandonare il Palazzo Comunale con pieno disgusto per quanto era stato posto in essere da chi se n’è fregato bellamente sia degli appelli accorati che delle critiche ricevute! Stiano comunque tranquilli, gli zelanti e decorosissimi consiglieri dell’Estrema Destra locale: in sala, tra le centinaia di persone presenti, c’erano già gli agenti della Digos a riprendere con telecamere il tutto.

Non c’è di sicuro bisogno del loro indice criminalizzante e maligno, qualora si voglia tornare su quanto è successo. E noi rivendichiamo in pieno di aver sostenuto la causa dei lavoratori esercitando un sacrosanto diritto di critica, così come rivendichiamo di aver contribuito a tenere da mesi iniziative pubbliche a favore dell’Agnesi e a raccogliere le firme per la petizione promossa con altre forze solidali. Le responsabilità di quanto sta accadendo, anche a seguito dello sciagurato pronunciamento dell’8 settembre, sono del tutto chiare. Il Consiglio era stato chiamato a discutere e votare la mozione, presentata da “Imperia Bene Comune” e sostenuta da quasi seimila firme di cittadini e lavoratori in calce ad una analoga petizione, per salvare il presente e il futuro dello stabilimento Agnesi di via Schiva, vincolando ad uso industriale le aree del sito e condizionando il progetto immobiliar-commerciale “Porta del Mare”.

Ebbene, la mozione è stata bocciata dalla maggioranza piddin-civico- estremodestroide, schierata come un sol uomo dietro il discorso iniziale del Sindaco che, non perdendo l’occasione di autoqualificarsi nuovamente “imprenditore”, si è pronunciato contro il documento di indirizzo con l’annuncio in apertura che il proprietario Colussi (lo stesso gentile signore a capo di un gruppo che che ha già chiuso il mulino, provveduto a portar via macchinari, tagliato personale, proclamato ripetutamente di voler chiudere la produzione in loco), anticipando l’incontro ufficiale tra le parti sociali atteso da mesi e inteso a presentare un piano industriale, si era già oggi incontrato con lui e al termine del ‘miracoloso’ colloquio aveva manifestato “disponibilità” a mantenere una attività nel Capoluogo. Ma a che titolo il Primo Cittadino si è incontrato con Colussi, quando tutti attendevano il tavolo di confronto solennemente annunciato da mesi per il giorno dopo? E come si può pensare che da un simile abboccamento, praticamente privato, potesse scaturire un’attendibile indicazione per il Consiglio? Non è forse questo un modo volgare, vecchio e risaputo per condizionare il confronto democratico in una sede istituzionale, forzando ruoli e prerogative, intorno ad una istanza proveniente in misura così significativa anche dalla società civile?

E invece il PARTITO DEMOCRATICO e gli altri gruppi che formano l’attuale Maggioranza hanno condiviso tranquillamente questa bella, “realistica” e “responsabile” posizione e preso ad osteggiare fieramente la mozione di indirizzo, divenuta “inopportuna” a fronte del “fondamentale”, improvviso annuncio di “apertura” padronale. Nel fare le loro acrobazie retoriche, queste rappresentanze si sono cinicamente giovate della sponda che gli è stata offerta, giusto nelle ore precedenti il dibattito, da una ‘lettera aperta’ uscita a mezzo stampa, con con la quale veniva disegnata la possibile trasformazione dello stabilimento industriale in un “virtuoso” mix di centro commerciale, museo, produzione aperta al pubblico e ristoro di qualità, una sorta di “Porta del Mare”, insomma, che copra tutto. Un bell’alibi per sostenere che, a quel punto, considerate le importanti novità annunciate dal sindaco-imprenditore Capacci, e la bella idea venuta fuori, la mozione ‘vincolante’ andava superata e non votata! In questo esito infelice, responsabilità gravi riguardano a nostro avviso anche il SINDACATO CONFEDERALE, che ha permesso che l’iniziativa popolare della petizione e la mozione presentata approdassero in Consiglio senza proclamare uno stato di agitazione e uno sciopero efficace che conferissero alla vertenza il carattere generale e dirimente che essa avrebbe meritato per sostenere una politica territoriale di mantenimento e sviluppo delle attività produttive e la salvaguardia dei livelli occupazionali.

E così, grazie a quanto determinato da Maggioranza e Amministrazione, disinnescata in modo furbesco la ‘bomba’ di una iniziativa dal basso finalmente incisiva che avrebbe posto il Comune in una posizione di credibilità e forza per favorire la riapertura di una seria contrattazione e l’avvio di un confronto di largo respiro sullo sviluppo industriale del territorio, ci si è consegnati alla soluzione voluta dal padrone, esclusivamente alle sue condizioni, e alla logica dei poteri forti che da sempre nutrono interessi per l’eliminazione dell’Agnesi dal suo storico sito e la fine dell’industria pastaria locale. Il giorno dopo, infatti, il management del Gruppo Colussi, arriva senza il famoso “piano industriale” atteso, ma ufficializza quanto era già nelle cose: dopo aver già smontato pezzo a pezzo lo storico mulino, si stabilisce che si chiude la linea produttiva della pasta secca, l’unica capace di sviluppare una industria qualificata e un mercato competitivo, in cambio dell’ “intenzione” di tenere una attività per fare sughi, pesto e “succedanei”!

Esattamente, il proposito già reso noto, guarda un pò, all’indomani dell’annuncio della chiusura del molino!!! E naturalmente, i lavoratori dipendenti rimasti, teoricamente “salvi fino al 31 ottobre 2015”, da subito sottomessi all’attivazione dei contratti di solidarietà, sono destinati a cassa integrazione. Insomma, come da copione, si sta procedendo spediti verso la fine del loro lavoro per centinaia e centinaia di dipendenti e operatori e l’eliminazione della fabbrica dal territorio. Come da copione, manco a dirlo, “l’intenzione” suddetta “potrebbe essere agevolata attraverso l’assenso da parte del Comune di Imperia a concludere l’iter in via definitiva, variante compresa, del progetto “Porta del Mare” per consentire all’azienda di smobilizzare un bene e disporre di mezzi utili a un reinvestimento industriale”. Eccolo, il bel risultato largamante preannunciato dal voto in Consiglio: il padrone vuole e ottiene mani completamente libere, e il disegno che si impone è quello di una deindustrializzazione davanti alla quale tutte le parti chinano la testa (o assecondano addirittura…). Ciò che è particolarmente insopportabile, dell’amarissima piega presa da questa vicenda, è l’uso sistematico della menzogna politica, in un clima di ipocrisia e silenzi omissivi alimentato da più parti. Nel confronto politico delle idee appartenente alla dialettica democratica, così come nella formazione delle decisioni riguardanti la collettività che spetta ad una Alta Assemblea come quella Civica, ciascuna parte ha diritto di esprimersi come meglio ritiene in coscienza e di posizionarsi a favore della scelta che più la convince, ma nessuno (Partito di Maggioranza o Minoranza che sia, Sindaco o Giunta che sia…) può permettersi di recitare la ‘doppia verità’ di solidarizzare a parole con gli operai e la fabbrica e poi contribuire, nei fatti, alla determinazione di misure che oggettivamente li indeboliscono e li affossano.

Il punto è questo: se non si crede che ad Imperia possa e debba starci uno sviluppo industriale e che quello in dote, a partire dall’Agnesi, sia una ricchezza imprescindibile, ancorché in difficoltà, bisogna avere il coraggio civile, la forza morale e la coerenza politica di dirlo. Non farlo, salvo comparire e mettersi in mostra a qualche manifestazione per giocare la mozione degli affetti e la leva del consenso, è nella migliore delle ipotesi da ipocriti e irresponsabili. Se si intende puntare su un’altra traiettoria di sviluppo, bisogna dirlo ai cittadini e ai lavoratori con chiarezza, senza finzioni e opportunismi a seconda delle circostanze. L’industria pastaria locale vuol dire infatti un certo modello di sviluppo produttivo: non è solo uno stabilimento che accoglie un numero consistente di lavoratori dipendenti. Privarsi della ricchezza, prodotta dal lavoro di generazioni e generazioni, di una produzione come quella da sempre realizzata presso l’Agnesi significa buttare a mare l’ultima opportunità di rigenerare il nostro agroalimentare imperniandolo su un serio volano industriale e affossare la risorsa- chiave della dieta mediterranea come leva economica di prospettiva. Il disegno che sta passando con vergognosa faciltà viene certamente da lontano: pensare di lucrare sulle aree del sito nella cornice di una turisticizzazione accentuatamente speculativa.

È questa una visione ideologica ben precisa, per chi ha in mente il primato della rendita: ieri, con le Destre storicamente al comando, in modo scoperto; oggi, nell’ambito dello schieramento farcito di “imprenditori” e “professionisti” che ha conquistato le leve del governo locale, ‘sotto traccia’ e senza dirlo. Nelle ultime ore, si va accelerando clamorosamente in tale direzione, malgrado durante l’estate, grazie all’impegno generoso di alcune minoranze sociali e politiche che non si sono rassegnate al ricatto, al conformismo e alla paura, sia cresciuta in città e tra i lavoratori una sensibilità e un’attenzione mai avvertite e viste prima. Pertanto, coloro che perseguono l’obiettivo di un diverso modello di sviluppo, con una industria (una industria “vera”, non laboratori per fantomatici raviolini e sughetti…) sostenibile e di qualità e sensate opportunità di sinergia con più vocazioni economiche, dovrebbero contestare frontalmente ciò che è stato deciso lunedì sera cinicamente in Consiglio Comunale per volontà dell’Amministrazione Capacci e della sua ibrida maggioranza piddin-civico-estremodestroide. E rivendicare una immediata mobilitazione generale di tutte le categorie, così come fino ad oggi non è stato fatto dal sindacato (salvo sottoscrivere accordi e accordi di sostanziale ‘messa in liquidazione’), che apra una grande vertenza territoriale per il lavoro e l’occupazione di qualità nel territorio. Fuori da questa cornice, non può esservi alcuna speranza di invertire la tendenza alla deriva verso la quale stanno conducendo la città e il territorio”.

C.S.

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