29 Marzo 2024 11:47

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29 Marzo 2024 11:47

DIANO MARINA. NOTTE DA FAR WEST, SPARI CONTRO UNA PIZZERIA E DIVERSE AUTO. ASSOLTI IN AULA I FRATELLI ANTONIO E SALVATORE DE MARTE/L’UDIENZA

In breve: L’Antimafia di Genova chiese e ottenne l’archiviazione del procedimento per intervenuta prescrizione, ma i presunti autori degli spari, i fratelli Antonio e Salvatore De Marte, difesi dall’avvocato Marco Bosio, finirono sul banco degli imputati con l’accusa di detenzione di armi, con l’aggravante mafiosa.

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Si è chiuso con l’assoluzione di Antonio e Salvatore De Marte il processo relativo alla sparatoria del settembre 2005 a Diano Marina.

Una notte da far west, con spari contro la pizzeria “Il pozzo dei desideri” di via Battisti, e contro alcune auto parcheggiate in via Diano Calderina. L’Antimafia di Genova chiese e ottenne l’archiviazione del procedimento per intervenuta prescrizione, ma i presunti autori degli spari, i fratelli Antonio e Salvatore De Marte, difesi dall’avvocato Marco Bosio, finirono sul banco degli imputati con l’accusa di detenzione di armi, con l’aggravante mafiosa.

Questa mattina, in Tribunale, dopo la requisitoria del PM Arena (lo stesso del processo “La Svolta”) e l’arringa di Bosio, è arrivata l’assoluzione del collegio composto dai giudici Varalli, Lungaro e Ascheri.

 

PM ARENAFu un avvertimento, una ritorsione pacificamente di carattere mafioso, colpi di pistola e di fucile a pallettoni contro le famiglie Papalia-Attisano. Sul luogo degli attentati sono stati ritrovato bossoli marca Winchester e frammenti di ogive.

Sparati da una Beretta 98 calibro 9 ci dicono i Ris di Parma per quel che concerne i bossoli. Per quanto concerne le ogive sarebbero invece riconducibili a un fucile calibro 12. Le telecamere poste nel crocevia delle quattro strade tre le 2 e le 5 del mattino inquadrano tre auto passate a far spenti. Una Lancia Y scura, una Fiat Punto e una BMW con allestimento sportivo, tutte auto in uso alla famiglia De Marte.

Ci sono gravi indizi di colpevolezza, come la simulazione del furto delle armi, poi ritrovate, alcune delle quali con gli involucri sporchi di terra, come se fossero state sotterrate. De Marte, inoltre, poco prima dell’attentato, comprò 200 bossoli per una Beretta Calibro 9. E ancora, le armi utilizzate con l’attentato sono compatibili con quelle registrate dalla famiglia De Marte.

Se cercheremo le armi del delitto, la canna fumante, non le troveremo, ma ci sono indizi chiari. Nel corso delle conversazioni telefoniche, inoltre, i De Marte evidenziano sofferenza per la notizia uscita sui giornali che li vede accusati per l’attentato. ‘Anche a Semenzara dicono che siamo stati noi’. Elemento che conferma la preoccupazione di essere scoperti.

Quella notte, inoltre, c’è un flusso anomale di telefonate tra i familiari dei De Marte, chiaro segnale che qualcosa era successo. Visto il quadro indiziario chiedo la condanna a 2 anni e 6 mesi e 20 mila euro di multa“.

AVVOCATO BOSIOSaranno stati loro? La chiusura del PM è disarmante. Il processo arriva in aula a distanza di dieci anni, a dimostrazione di quanto poco interesse abbia avuto la Procura per questo procedimento.

Questo è un processo per armi, non per danneggiamento. È un processo indiziario, con tutti i suoli limiti e il suo fascino. Questo è un processo di rapporti, di sensazioni. Il PM ha parlato di ritorsione, di intimidazioni, ma tra le parti non ci sono rapporti, se non di pura conoscenza. Nessuna delle parti offese, ne Papalia, ne Attisano, riconduce gli episodi contestati ai De Marte, ne in questa aula, ne attraverso altri meccanismi di testimonianza indiretta o attraverso conversazioni poi captate.

Non è emerso alcun motivo di contrasto, tanto che non si capisce quale possa essere il movente. In un processo come questo, però, la causale è fondamentale.

C’è stata una lite? Si ipotizza un contrasto? Nessuna indagine su questo aspetto è stata fatta. Ci sono problemi di donne? Di affari? Non c’è nulla di tutto questo. Attisano riferisce di non aver mai ricevuto minacce. Dice di non aver rapporti con i De Marte, non di avere cattivi rapporti.

Si vuole dire che forse ha paura di compromettersi? E allora avrebbe dovuto dire che aveva buoni rapporti. Il primo dato importante è la carenza di movente, la carenza di contrasto tra le famiglie. I luoghi degli attentati sono via Cesare Battisti a Diano Marina, poi via Diano Calderina, tra le 2 e le 5 del mattino. Ma fatemi capire, io vado a sparare in giro per la città alle 2 e poi torno alle 5 sapendo che probabilmente ci saranno pattuglie delle forze dell’ordine sul territorio rischiando così di essere scoperto? Che modo é di agire? E poi ancora, elemento chiave.

Quella notte basche il figlio di Antonio De Marte. Ma vi parte che un padre proprio la notte che gli nasce il figlio va in giro a sparare? La cellula del cellulare di Antonio de Marte viene individuata quella notte in via Sant’Agata a Imperia. Lo sapete cosa si trova propria in quella zona? L’Ospedale. L’intensità dei contatti telefonici è giustificata proprio dalla nascita del bambino e non da altro. Secondo il PM de Marte avrebbe utilizzato per l’attentato armi regolarmente denunciate per poi denunciarne a sua volta la scomparsa? Allora sarebbe stato più logico utilizzare armi di provenienza furtiva.

Quando le armi scomparse sono state ritrovate, nessuno ha fatto accertamenti per verificare la compatibilità dei proiettili, un quanto era stato detto che non erano state utilizzate per fatti criminosi. E allora? Di cosa parliamo? Infine le intercettazioni. Al telefono de Marte si lamentano per gli articoli di giornale. Dicono, gli attentati non li abbiamo fatti noi, bisogna chiamare l’avvocato e chiedere una rettifica. Ma non perché abbiano paura di essere scoperti, piuttosto perché coinvolti in una vicenda nella quale non sono assolutamente coinvolti.

Al telefono non c’è una mezza parola, una frase in codice, un atteggiamento criptico.

Quelle al telefono sono lamentele. ‘Anche a Semenara dicono che siamo stati noi’. Questa non è un frase che significa, ‘ci hanno scoperto’, ma piuttosto che siamo arrabbiati perché siamo stati tirato in ballo in una vicenda che non conosciamo“.

In definitiva, non c’è un movente. Il quadro accusatorio è fragile. Gli elementi non si inseriscono in una cornice globale. Io insisto perché i miei assistiti vengano assolti per non aver commesso il fatto. In subordine chiedo che venga esclusa l’aggravante mafiosa e che la pena sia contenuta.

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