Imperia. Alessandro Bellotti , commerciante onegliese e membro di Confcommercio, si rivolge alla nostra redazione per denunciare il fallimento dell’edizione 2016 di “Imperiaaffari”.
“Mi sono preso alcuni giorni dalla trascorsa Imperiaffari -edizione estate 2016- per rimettere insieme i pensieri, cercare di analizzare la situazione e in parte non scrivere di impulso cose che, anche se in parte penso, non credo siano costruttive in questa sede.
La nuda e cruda verità di Imperiaffari è che è stata un fiasco, non a livello economico, ma in quanto ad immagine del commercio imperiese o per lo meno di Oneglia. Essendo membro di Confcommercio e essendone membro dall’interno posso solo prendermi le mie responsabilità. E cercarne le cause e le soluzioni.
Le evidenze del flop sono a mio avviso una scarsa partecipazione attiva del commerciante locale, una totale mancanza di spirito di servizio e di aggregazione dello stesso e una carente comunicazione mediatica. Quest’ultima può essere efficace solo se organizzata e supportata da importanti risorse economiche.
Le risorse per la comunicazione della manifestazione Imperiaffari derivano dalle quote di adesione di ogni singolo commerciante, che CON SPIRITO DI IMPRESA, DI INVESTIMENTO E DI GRUPPO, immette proprie risorse nel pianificare una campagna marketing che dica appunto al mondo che a Imperia il 31 luglio c’ è qualcosa di speciale.
E questo è il primo anello dolente. Viviamo nell’epoca delle liberalizzazioni e la legge parla chiaro: ‘io posso tenere aperta la mia attività quando e come voglio’. Che porta all’epoca intramontabile, tipicamente italiana, dei furbetti: perchè devo pagare una quota di adesione per una manifestazione che mi porta gente in un giorno nel quale sarei chiuso se posso tenere aperto e non pagare e beneficiarne ugualmente?’
Dati alla mano possiamo contare i negozi aperti e possiamo contare le quote di adesioni: il numero dei primi è notevolmente superiore al numero dei secondi.
Da lì la spirale negativa va inesorabilmente avanti: meno soldi meno marketing, meno attrattive per la città, meno gente, meno incassi, meno gioia, meno spirito di gruppo tra i commercianti, meno clienti felici: uguale più mugugno. È semplice e matematico, alla portata di un bambino.
Eppure fare micro impresa in Italia oggi non è roba da bambini. Qualche anno fa ebbi un colloquio con un amministratore delegato di una importante multinazionale e proprio lui, dall’alto del suo ruolo, mi fece ragionare su quante cose comportasse essere un semplice commerciante oggi: innovazione, spirito imprenditoriale, capacità contabile, scelte della merce sulla conoscenza specifica della propria clientela, idee, costanza, spirito individuale però inserito in un contesto sociale fatto di esercizi di vicinato e competitor. Che in una visione di insieme creano l’offerta commerciale.
E in Italia, non so per voi, ma almeno per quel che mi riguarda questo prevede impegno, costanza e passione. Solo la passione può giustificare bilanci annuali spesso negativi o pari a zero che mai potrebbero ripagare lo sforzo di portare avanti la propria attività.
Ma qui esco volontariamente dalla spirale del mugugno e so che passione, impegno e costanza possono invertire questo dato. Oltre a uno spirito di gruppo che tutto può anche dove le condizioni avverse della crisi possono scoraggiare. Spirito che a Imperia è mancante o ad essere ottimisti fortemente assopito.
La mia passione è sempre stata il marketing e far tornare i conti. Ma non mi intendo di sociologia e non so dirvi perchè la situazione italiana è quella attuale.
So che i negozi di Alassio sono aperti la domenica, so che i negozi di Diano Marina sono aperti la domenica e ogni sera di ogni estate.
Mentre noi ad Imperia abbiamo voluto comunicare che il 31 luglio i negozi erano aperti, mentre molti hanno chiuso e di quelli aperti solo alcuni hanno pagato la quota di adesione a beneficio di molti. E di questi tempi una giornata aperti in più è importante. Lo so e lo sanno bene i lettori a cui è rivolta questa lettera.
Mentre abbiamo voluto comunicare che saremmo stati aperti la sera, disattendendo le aspettative dei pochi turisti che hanno deciso di passeggiare per le vie della nostra assonnata città. Mentre alcuni bar hanno pagato SIAE e intrattenimento musicale trovando praticamente tutti i negozi accanto chiusi. Mentre alcuni commercianti, in uno spirito unicamente imprenditoriale e di rischio proprio, hanno pagato personale aggiuntivo, hanno pagato la quota di adesione, hanno tenuto aperto la sera ed hanno creato proposte alternative.
Non incolpo nessuno e incolpo tutti: La crisi deve creare i presupposti per la ricerca di soluzioni e di proposte atte a soddisfare la clientela ad un livello superiore. In uno spirito di gruppo che crei curiosità nel cittadino e nel turista che spensierato passeggia per il nostro centro cittadino.
Imperia é in Liguria, ma Sanremo anche. E Diano Marina pure. E Sanremo ha appena postato un video BELLISSIMO sulle ricchezze della città. Proposta commerciale inclusa. E a Diano Marina domenica sera tutti i negozi erano aperti come ogni giorno dell’ estate.
Noi abbiamo saputo dire, seppur con una minima comunicazione, che saremmo stati aperti almeno un giorno nell’estate. E non siamo stati capaci di farlo.
Invito me stesso e tutti i miei colleghi a riflettere su quanto accaduto. Perchè Imperia è più bella di Sanremo e di Diano Marina (non me ne voglia la mia fidanzata Sanremasca). E perché forse è arrivato il momento di sederci serenamente ad un tavolo, constatare che si può e si deve rimboccarci le maniche ancor prima di lamentarci. Occorre pianificare una rinascita e, una volta individuata una via possibile e promettente, mettere mano al portafoglio e renderla reale, accattivante e curiosa.
Aprire la domenica e ancor più la domenica sera è faticoso, SI. Pagare una quota di adesione è oneroso, SI. Probabilmente nell’immediato non vedremo i frutti, SI. Ma è nello spirito libero d’ impresa che sta la visione. Non è un gioco da dilettanti. Occorre passione costanza e impegno”.