25 Aprile 2024 03:12

Cerca
Close this search box.

25 Aprile 2024 03:12

LA SVOLTA. IL PENTITO CRETAROLA: “PEPPINO MARCIANO’ NON ERA IL CAPO LOCALE DI VENTIMIGLIA, QUEL RUOLO ERA DI PALAMARA”

In breve: Il pm Arena chiede il perchè e da dove nasce la decisione di collaborare: "Ho iniziato a collaborare dottore perchè mi sono reso conto che stavo gettando la mia vita in maniera drammatica"

PROCESSO LA SVOLTA  (204)

Imperia – Volge al termine la prima parte della testimonianza del pentito Gianni Cretarola nel processo “La Svolta”. Il pm Arena, affrontato il discorso della ‘ndrangheta in Liguria, chiede a Cretarola di raccontare e spiegare chi, precisamente, conoscesse in Liguria.

Conosco i Pellegrino, poi sono andato a casa dei Barilaro accompagnato da Gangemi all’inizio della mia carriera e poi sentii parlare diverse volte di Peppino Marcianò come un amico ossia come una persona affiliata – spiega Cretarola – me ne parlò Adolfo Crea per la cena elettorale nel suo ristorante. Conoscevo anche il figlio Vincenzo Marcianò perchè frequentava una persona di mia conoscenza tale Nania che, all’epoca, era uno dei maggiori referenti per la piazza di cocaina e Vincenzo Marcianò probabilmente aveva lo stesso interesse

Il pm Arena chiede poi di spiegare meglio la storia di Peppino Marcianò: “Per quanto consoco io non gode di alcun prestigio criminale paragonabile ad Antonio Palamara. Hanno una grande amicizia fraterna ed era il suo contabile, ma il capo locale di Ventimiglia, fin quando vivrà, è Palamara. Peppino Marcianò ha una posizione di rilievo per tutte le conoscenze di prestigio e politiche che ha. Su delega di Antonio Palamaro, Peppino Marcianò potrebbe avere il ruolo di capo locale di facciata, ma chiunque arriva dalla Calabria vuole parlare con Palamara perchè Marcianò non è mai stato in galera e non gode di credenziali.

Una volta finita la descrizione e la spiegazione da parte del pentito Gianni Cretarola, il pm Arena chiede il perchè e da dove nasce la decisione di collaborare: “Ho iniziato a collaborare dottore perchè mi sono reso conto che stavo gettando la mia vita in maniera drammatica, avevo disseminato odio e dispiacere. Grazie poi anche alle persone che ho trovato alla DDA di Roma, mi sono accorto che non avevano l’atteggiamento che mi avevano inculcato, erano disponibili e pronti a darmi una possibilità. Poi mi sono innamorato di una ragazza a Roma e ho deciso di seguire l’amore. Ho tante cose a mio carico, quindi la pena la sconterò lo stesso, ma la vivo in modo diverso. Se avessi continuato a vivere il carcere in modo ‘ndranghetista avrei continuato magari a battezzare qualcuno, mandando avanti l’odio”.

Condividi questo articolo: