27 Aprile 2024 06:17

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27 Aprile 2024 06:17

Un’imperiese in Palestina: il report di viaggio di Susanna Bernoldi, coordinatrice Aifo. “Ecco di cosa sono stata testimone”/Le immagini

In breve: Ecco il primo report di viaggio dell'imperiese Susanna Bernoldi in Palestina.

Ecco il primo report di viaggio dell’imperiese Susanna Bernoldi in Palestina.

“Al Khalil, 25 novembre

Prima di tutto la gioia di essere qui, di condividere momenti della mia vita con persone grandi dentro, dai 22 ai 66 anni che provengono (e vi dico solo quelli che ho incontrato a Ramallah nel primo giorno in cui c’è stato un “core meeting” un incontro dove si discutono tutte le attività) da Islanda, Norvegia, Francia, Spagna, USA, Gran Bretagna, Olanda, Nuova Zelanda e naturalmente Italia.

Felice di ritrovare volontari con i quali ho condiviso notti e giorni in case o villaggi palestinesi per essere un deterrente o comunque testimoni degli attacchi dei coloni o dei soldati o con i quali ho passato ore ai checkpoint al mattino quando i bambini e non solo, devono attraversarli e passare attraverso il metal detector ogni volta che vanno e tornano da scuola, dal lavoro, fare la spesa…. vivere.

Ma veniamo a ciò di cui sono stata testimone.

Dopo la prima notte trascorsa nella pace del Convento delle Clarisse di Gerusalemme, sempre accolta con gioia e aver partecipato alla messa il mattino dopo con i meravigliosi canti accompagnati dalla cetra, ho raggiunto Ramallah dove nel pomeriggio vi è stato questo importante incontro, perché nell’International Solidarity Movement ogni decisione viene presa con il consenso di tutti, dopo ampie discussioni, ascoltando naturalmente i consigli dei responsabili palestinesi di questo bel Movimento nonviolento che vuole essere a fianco di un popolo che dopo 70 anni di occupazione resiste in modo incredibile, convinto che alla fine la giustizia dovrà prevalere.

Venerdì 23, giorno santo per i mussulmani, è anche il giorno in cui il popolo manifesta nei vari villaggi dove il muro ha rubato terre, acqua e case, dove le case sono state abbattute o confiscate, gli ulivi sradicati o bruciati, dove i check point distruggono la vita delle persone e altro ancora.

Sono andata a Kafr Qaddum con Roj, della Galizia, Mazaki giapponese e Diana palestinese. E’ il villaggio a Nord di Nablus dove 14 anni fa i coloni, occupando illegalmente la terra di fronte, hanno costruito una colonia e, spingendosi fino a ridosso della strada, ne hanno preteso la chiusura perché timorosi che i Palestinesi potessero essere un pericolo per loro e da sette anni il Comitato di protesta nonviolenta del villaggio, ogni venerdì, dopo la preghiera in moschea, raccoglie ragazzi, uomini e internazionali ed inizia il cammino verso lo sbarramento. Da qualche tempo i soldati cercano di attaccare prima che parta il corteo. Recentemente hanno fatto incursione nel villaggio mentre gli uomini erano in preghiera, incursioni nelle case con lancio di lacrimogeni e incursioni notturne con lancio di skank water (l’acqua putrida che lascia una puzza schifosa di escrementi che non riesci più a eliminare da abiti e mobili) e sempre lacrimogeni soprattutto nella casa del leader del movimento, Murad. Una settimana fa hanno arrestato (sempre la notte naturalmente terrorizzando le famiglie), uno dei suoi figli e un suo amico (12 anni). Le famiglie hanno pagato una cauzione di 2.000 Shekels per non lasciarli nelle carceri israeliane dove anche i bambini sono vittime di torture fisiche e psicologiche. 2000 shekels, 500 euro, una fortuna in Palestina.

Siamo arrivati a manifestazione appena iniziata e già Murad era in ambulanza: lui è sempre in prima fila e con il megafono (la sua arma) parla ai soldati di fronte per ricordare il motivo della protesta: gli hanno sparato alla coscia destra con un proiettile di acciaio da una casa a 20 mt. Per fortuna, colpito di striscio, non ha dovuto andare in ospedale, ma è stato medicato in ambulanza e dopo pochissimo un cecchino (dalla cima della collina o dal tetto di una casa) ha sparato ad un bambino di 7 anni e poi ad altre quattro persone del villaggio, tutti medicati in ambulanza, ma con il bambino sotto shock.

Tra i quattro questa volta c’ero anch’io. Per fortuna era una pallottola di acciaio ma foderata di gomma, per fortuna mi ha colpito alla coscia da dietro, per fortuna credo mi hanno sparato da lontano, ma ciò che è molto grave è che ora deliberatamente cercano di colpire gli Internazionali. L’impunità è totale: loro sanno di poter uccidere senza conseguenze i Palestinesi e cercano di convincere i volontari a non porsi al fianco di questo popolo che vorrebbero estirpare dalla loro propria terra. Peccato per loro che noi internazionali impariamo la resilienza proprio dagli amici palestinesi e non ce ne andiamo, non li lasciamo soli.

Venerdì 23, pomeriggio. Con Roj siamo andati a trovare Hakima, cara amica, da sempre impegnata per migliorare la vita ai bambini e alle donne del suo villaggio, quell’Assira Qiblya sovrastata da una delle colonie più violente: Yitzar che si sta distinguendo non solo per le continue incursioni al villaggio, ma anche per gli attacchi dei giovani coloni alle auto che transitano la sera lungo la strada principale. Attacchi con distruzione delle auto e pestaggi degli occupanti. Siamo andati da lei e ci ha accompagnato dal proprietario di una delle case e auto dove la notte precedente i coloni hanno imbrattato muri anche interni dei giardini e cofani di alcune auto con il disegno della stella di Davide e frasi in ebraico ed hanno sgonfiato le gomme di quattro auto… Nei paesi civili solitamente si va a denunciare i vandalismi dalla polizia, ma non qui dove i soldati in primis fanno incursioni violente nelle case del villaggio e la polizia palestinese, per agire, deve chiedere l’autorizzazione a quella israeliana…. per cui….
Sabato 24, pomeriggio. Il sabato è il giorno santo per gli Ebrei, il giorno in cui i coloni fanno il loro giro nel suq dove proprio per questo la maggior parte dei negozi palestinesi sono chiusi per evitare i vandalismi degli ebrei protetti dai soldati perdendo, quindi, un giorno di lavoro.

Una cinquantina di coloni e una quarantina di soldati in assetto di combattimento, uno addirittura con la barella smontata nello zaino, pronta nel caso di ferimento.
Ci siamo ritrovati con i volontari dell’IWPS (International Women’s Peace Service, movimento non violento di donne che opera in solidarietà con il popolo palestinese occupato, attivo dal 2002) e del CPT (Christian Peacemaker Team, organizzazione internazionale che, come la nostra italiana Operazione Colomba, opera in modo nonviolento nei luoghi di conflitto a fianco del popolo oppresso).

Tante volte mi sono chiesta se questi giovani israeliani obbligati a prestare servizio militare per tre anni (le ragazze per uno o due anni, non ricordo) si chiedono mai perché centinaia di persone da tutto il mondo vengono a porsi a fianco del popolo palestinese. Quando ieri il gruppo di coloni si è fermato nel suq nel punto in cui i negozianti hanno dovuto mettere reti in alto per riparare loro stessi, le loro merci e i clienti/turisti dal lancio di oggetti, acqua sporca, urina e altro lanciati dagli israeliani che abitano le case requisite ai Palestinesi che vi vivevano, mi sono chiesta che cosa stava raccontando ai ragazzi e adulti che lo seguivano e ascoltavano… non credo la verità…

Comunque ieri il Settler’s Tour (giro dei coloni) si è svolto senza incidenti. Noi eravamo sempre in mezzo ai soldati, davanti ai negozi aperti dai quali molte volte giovani coloni hanno rubato merci o spaccato l’arredamento, mai fermati dai soldati…

Oggi è una giornata di sole. Ad Um Al Khair hanno costruito una serra dove stanno crescendo verdure e cercano di non badare al drone dei coloni che ogni settimana vola sulle loro teste per controllare che non abbiano costruito qualcosa… a casa loro!… per mandare i soldati a distruggere o requisire come stanno facendo in diversi altri villaggi a Sud di Hebron. In altri villaggi beduini a Sud di Hebron i soldati hanno confiscato tende e materiale da costruzione. Ad Hum Al Khair vi sono sempre volontari nel caso i soldati vengano a demolire la scuola di gomme e il villaggio….

Se andate su www.palsolidarity.org potete seguite le notizie in inglese o sul sito o pagina Fb della rete italiana ism sarete con me, con noi, con il popolo palestinese.

Un abbraccio profumato di zatar, felafel e hummus e ricco dei sorrisi dei bambini con i quali, ogni mattina, ci scambiamo un saluto e un sorriso al loro attraversamento del check point :-)”.

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