19 Aprile 2024 22:04

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19 Aprile 2024 22:04

Processo Breakfast: Claudio Scajola, ecco perché è stato condannato. “Aiutò Matacena a sottrarsi alla cattura”/Le motivazioni

In breve: "Non vi è alcun dubbio che l'aiuto, apprestato da Scajola e dalla Rizzo, in concorso con Speziali, si legasse funzionalmente all'intenzione dello stesso Matacena di sottrarsi alla cattura".

“Sulla scorta delle emergenze processuali, può ritenersi che lo spostamento di Matacena da Dubai a Beirut sia stato organizzato da Scajola e Speziali in un contesto tutt’altro che estemporaneo e casuale, che ha fornito allo Scajola sicura garanzia di concretezza del piano, in quanto progettato con l’apporto di soggetti di elevato rango istituzionale, che avevano sicura possibilità di attuarlo, nella stessa cornice temporale, in cui organizzavano un’altra latitanza, vale a dire quella di Marcello Dell’Utrii, che verrà arrestato proprio a Beirut”.

Lo scrive il collegio composto dai giudici Pratticò, Rachele e Barbieri nelle motivazioni della sentenza del processo Breakfast che si è concluso con la condanna a due anni di carcere di Claudio Scajola per aver favorito la latitanza di Amedeo Matacena (procurata inosservanza della pena), condannato a tre anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.

L’ex Ministro, lo ricordiamo, è stato invece scagionato da tutte le contestazioni inerenti un presunto sostegno economico a Matacena per affrontare i costi della latitanza. 

A riguardo, il Tribunale scrive: “Non è rimasto provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, il segmento di condotta che rimprovera agli imputati Scajola, Politi e Fiordelisi, di aver aiutato Matacena ad assicurarsi flussi e provviste finanziarie finalizzati ad affrontare i costi della latitanza”. 

Processo Breakfast: ecco perché è stato condannato Claudio Scajola

Matacena favorevole allo spostamento in Libano

“Non vi è alcun dubbio che l’aiuto, apprestato da Scajola e dalla Rizzo, in concorso con Speziali, consistente nell’attuare lo spostamento di Matacena da Dubai in Libano, si legasse funzionalmente all’intenzione dello stesso Matacena di sottrarsi alla cattura, poiché attraverso quell’aiuto egli avrebbe potuto assicurarsi condizioni di vita o di sicurezza certamente maggiori di quelle di cui godeva a Dubai mentre, senza quell’aiuto, egli avrebbe dovuto procurarsele diversamente.

Contrariamente anche a quanto argomentato dalla difesa, Matacena non era libero di spostarsi da Dubai durante la pendenza della procedura di estradizione, poiché gli era stato ritirato il passaporto, ciò che comportava che lo spostamento (in Libano, ndr) avvenisse necessariamente in maniera clandestina. E che Scajola abbia toccato le corde giuste per convincere della bontà della soluzione è testimoniato dall’assenso prestato al piano sia dalla Rizzo sia, per quel che più conta, da Matacena, di cui é acquisita prova inoppugnabile attraverso l’inequivoco dato intercettivo in cui si registra, man mano che il piano veniva portato avanti da Scajola, la richiesta di questi rivolta alla Rizzo di tenere informato Matacena di ogni dettaglio e l’assicurazione proveniente dalla Rizzo dell’assenso prestato dal marito a quella che era diventata per lui una soluzione necessitata e di cui voleva comprendere solo i dettagli operativi”.

Il rapporto Rizzo-Scajola

“Non vi sono dubbi sul contributo causale di Scajola nel piano di spostamento del latitante. L’imputato, prospettando di aver prestato solo un aiuto lecito consistente nel far ottenere l’asilo politico al marito della Rizzo, ha inteso accreditare la tesi di aver nutrito nei confronti della donna, fin da subito, un trasporto, poi, trasformatosi in vero e proprio sentimento, che ne avrebbe guidato l’agire in tutta la vicenda sottoposta al vaglio giudiziario, derivato alla situazione di fragilità in cui la Rizzo si trovava durante la latitanza del marito, assillata da problemi economici, ma anche provata in ragione della solitudine che provava nel seguire i problemi dei figli senza alcun aiuto.

Orbene, che la Rizzo fosse una persona che soffriva molto per la situazione in cui si trovava ed avesse trovato un amico e confidente nello Scajola, il quale, nutrendo sentimenti più forti nei confronti della donna, non interamente contraccambiati, si metteva a sua completa disposizione per risolverne ogni problema e tendeva a sfruttare ogni occasione per poterle stare vicino, sono circostanze plasticamente rilevabili dal tenore complessivo delle conversazioni intercettate”.

Il rapporto Scajola-Matacena

“Tuttavia, per un verso, è evidente che i sentimenti di Scajola potrebbero avere rilievo al più sul piano dei motivi dell’agire e non certo scriminarne una condotta, che, come vedremo, il Tribunale non ritiene essersi esaurita in un aiuto lecito al latitante. Per altro verso, le risultanze dibattimentali dimostrano l’esistenza di indubbi e consolidati rapporti tra Scajola Claudio e Matacena Amedeo, che andavano ben al di là del legame confinato alla sfera emotiva e sentimentale di due persone adulte.

Invero, i rapporti tra Scajola Claudio e Matacena Amedeo, maturati nell’ambito di una comune militanza politica nelle fila del partito ‘Forza Italia’, sono proseguiti anche in epoca assai posteriore, in cui Scajola si mette a disposizione dell’ex armatore Matacena introducendolo in nuovi ambienti imprenditoriali, spesso affini a quelli operanti nei settori in cui si era svolta la sua attività di Ministro dello Sviluppo Economico, prima, e delle Attività produttive, dopo, (parchi eolici, energie alternative) e che , quindi, meglio gli consentivano di indirizzarne le iniziative o mettendolo in contatto con personaggi che ne avrebbero potuto agevolare altre (vedi vicenda costruzione case popolari in Paesi extra UE), introducendolo, altresì, in ambienti diplomatici nei quali al Matacena preme accreditarsi come un perseguitato dalla Giustizia italiana, e si sono, quindi, mantenuti inalterati durante la latitanza di Matacena”.

Il rapporto Scajola-Speziali e il trasferimento a Beirut

“Ed é certamente inoppugnabile che Scajola si appalti la questione dello spostamento di Matacena trovando un valido interlocutore ín Speziali. Questo Tribunale ha valutato tutto il materiale che conduce a ritenere che Scajola, insieme a Speziali, hanno organizzato lo spostamento di Matacena a Beirut, dove questi avrebbe avuto garanzia, grazie all’interessamento dell‘ex Presidente del Libano Gemayel e di un alto funzionario governativo Avv. Firas di ottenere asilo politico.

Ad avviso del Tribunale, non é convincente la tesi che Scajola ha tentato di accreditare nel corso del proprio esame dibattimentale, ossia che l’idea di rivolgersi a Speziali sia stata del tutto casuale e che si sia esaurita nella ricerca di una soluzione lecita che consentisse di far ottenere a Matacena l’asilo politico a Beirut. Scajola, invero, riferisce di aver preso questa decisione estemporaneamente in occasione di un incontro con Speziali in data 16 ottobre 2013, presso il proprio ufficio romano, allorquando, avendo da poco raccolto lo sfogo telefonico della Rizzo per la propria situazione economica precaria, ne avrebbe parlato con Speziali, il quale, con la mera finalità di ingraziarselo in vista delle aspirazioni politiche che nutriva di essere candidato al Parlamento, gli avrebbe prospettato la possibilità per il Matacena di ottenere a Beirut asilo politico redigendo contestualmente un vademecum contenente i punti che la richiesta di asilo doveva contenere, appunto che poi verrà ritrovato in sede di perquisizione.

Francamente che Scajola possa aver affidato casualmente le confidenze della Rizzo, che riguardavano la situazione di un latitante per reato di mafia, ad un personaggio, che accidentalmente si trovava presso il suo studio, già non appare credibile sul piano della logica elementare dei comportamenti umani, che, tanto più se posti in essere da parte di un soggetto acculturato rispetto ad una situazione che poteva coinvolgere aspetti di rilevanza penale, ci si aspetta essere improntati ad una cautela ben maggiore. Quella stessa cautela, del resto, che Scajola aveva nel dissimulare il piano di spostamento del Matacena allorquando conversava telefonicamente con la Rizzo e con lo stesso Speziali. 

Senza voler aggiungere che Scajola stesso, contraddittoriamente, ha inteso poi tratteggiare la figura di Speziali come una sorta di pagliaccio, pasticcione, megalomane e millantatore, a cui appare ancor più difficile avere affidato in maniera estemporanea un compito cosi delicato. Ma. soprattutto, la ricostruzione offerta da Scajola appare ancor meno credibile allorquando egli riferisce dell’immediata prospettazione da parte di Speziali di una soluzione con contestuale estemporanea redazione di un vademecum (non é dato comprendere ìn base a quali competenze specifiche, specie in ordine ad una questione talmente complicata), redatto su carta intestata della Camera dei Deputati, che poi é stato effettivamente rinvenuto in sede di perquisizione, contenente i punti che i legali di Matacena avrebbero dovuto evidenziare nella richiesta di asilo politico in favore del condannato. Per contro, sulla scorta delle emergenze processuali, può ritenersi che lo spostamento di Matacena da Dubai a Beirut sia stato organizzato da Scajola e Speziali in un contesto tutt’altro che estemporaneo e casuale, che ha fornito allo Scajola sicura garanzia di concretezza del piano, in quanto progettato con l’apporto di soggetti di elevato rango istituzionale, che avevano sicura possibilità di attuarlo, nella stessa cornice temporale, in cui organizzavano un’altra latitanza, vale a dire quella di Marcello Dell’Uni, che verrà arrestato proprio a Beirut”.

Il tema proposto dalla difesa ‘Speziali millantatore’ é assolutamente confliggente con l’oggettiva capacità di penetrazione dello Speziali nei contesti istituzionali più disparati: il mondo dell’alta finanza, le Ambasciate italiane di Paesi stranieri, gli esponenti apicali di ambienti politici libanesi e italiani.

Ed è alla luce di tale affidabilità, quale capacità di intessere rapporti e attivare contatti tra soggetti che da essi traggono reciproco vantaggio, che deve concludersi che Speziali avesse la capacità di mettere in contatto Scajola e Matacena con Gemayel, laddove da questo contatto entrambi ricavavano un vantaggio, Gemayel quello di ottenere l’appoggio politico di Scajola e Berlusconi per il suo rientro in politica e Matacena quello di ottenere l’asilo politico in Libano, fermo restando che é evidente che Gemayel, intraneo al contesto politico libanese istituzionale, aveva certamente possibilità di attivarsi concretamente per ottenere che a Matacena fosse riconosciuto l’asilo politico.

Dell’Utri-Matacena

“Le due latitanze sono maturate nello stesso contesto. La circostanza che Marcello Dell’Utri decida di trascorrere la latitanza proprio a Beirut, dopo aver partecipato a cene con Gemayel e Speziali, i quali sono, a pieno titolo, coinvolti nel tentativo di spostamento di Matacena, e, segnatamente, il fatto che, proprio dopo la cena del 14 ottobre 2013, si registra il primo contatto tra la Rizzo e Scajola in cui questi propone alla donna quale città di destinazione del latitante Beirut, consegna più di un sospetto che i due progetti possano essere stati gestiti parallelamente.

E ciò indipendentemente dal fatto che Scajola non abbia partecipato ad alcuna di quelle cene, poiché é certo che Scajola, indipendentemente da quell’invito mancato, avesse contatti con i partecipi a quelle cene, segnatamente con Billè, Speziali e Gemayel, oltre evidentemente a conoscere Dell’Utri per il passato insieme nello stesso partito politico”.

La Lattera di Gemayel

“La prova della concretezza del piano di spostamento è ulteriormente riscontrata dall’avvenuta redazione da parte di Gemayel della lettera inviata a Scajola via fax.

Si è ampiamente evidenziato quali sono le ragioni per le quali questo Tribunale ritiene provata l’autenticità della lettera, che possono, in questa sede, riassumersi in una serie di elementi che non vanno singolarmente considerati, ma ovviamente valutati nel loro complesso:

  • la firma con la lettera A evidentemente riferibile ad Amin Gemayel;
  •  i provati rapporti tra Gemayel o Scajola, già instaurati in Libano nel 2011;
  • l’interesse nutrito da Gemayel di fare rientro in politica anche tramite il sostegno del suo partito libanese da parte della grande famiglia della democrazia e della libertà in Europa, il Partito Popolare Europeo, coalizione politica nella quale trovavano collocazione Scajola e Berlusconi che Gemayel incontra grazie all‘intercessione di Speziali su Scajola;
  • lattualità dell’interesse di Gemayel al rientro nellagone politico dimostrata dalla sua presenza in Italia il 27 febbraio 2014;
  • assenza di qualsivoglia convenienza da parte di Speziali nel confezionare una lettera che non avesse l’avallo di Gemayel, con il rischio di essere smascherato e di vedere sfumare le sue aspirazioni politiche sia in Libano, quale uomo di fiducia di Gemayel, sia in Italia, quale uomo che si andava accreditando con Berlusconi per il tramite di Scajola;
  • ‘omessa smentita in dibattimento dellautenticità del documento da parte di Gemayel”.

L’asilo politico

“Resta da affrontare un’ultima questione difensiva, ossia che Scajola, con l’assenso di Matacena e la partecipazione consapevole della Rizzo, abbia prestato al latitante un aiuto lecito, ossia quello di fargli ottenere l’asilo politico in Libano. In tal senso, la difesa ha inteso sostenere che la condotta di Scajola era finalizzata al riconoscimento, in favore del latitante, di un diritto soggettivo, di natura fondamentale, che trova riconoscimento in numerosi strumenti internazionali e che, secondo l’opinione dottrinaria prevalente, assurge a rango di norma consuetudinaria di diritto internazionale.

Ha sostenuto, quindi, la difesa, che la Pubblica Accusa non mette a fuoco la questione nei termini corretti allorquando sostiene che il diritto di asilo sussiste soltanto nei casi in cui vi sia rischio di subire torture o trattamenti inumani nello Stato che ha emesso la condanna e, quindi, non anche allorquando la condanna derivi da un processo svoltosi in uno Stato democratico, poiché il diritto alla prbotezione internazionale sussiste anche nel caso in cui si ritiene vi sia stata una violazione delle garanzie dell’equo processo o delle garanzie fondambentali che governano la giurisdizione penale, a partire dalla legalità dei reati e delle pene.

Orbene, questo Tribunale non ritiene utile approfondire questa questione, pur non avendo motivo di discostarsi dalla ricostruzione in termini dottrinari del diritto di asilo politico, come prospettata dalla difesa.

L’inutilità dell’approfondimento deriva dalla circostanza che la prospettazione difensiva non coglie nel segno, poichè, per come é dato evincere, per altro, in maniera patente dal dato intercettivo, l’aiuto che veniva predisposto in favore del latitante Matacena era quello di consentirne lo spostamento da Dubai in Libano ed il piano prevedeva solo in un secondo momento la richiesta di asilo politico in Libano. E, quindi, prima di tutto era necessario che Matacena si spostasse e le date nelle quali si progettava il suo spostamento, che hanno subito una serie di rinvii, erano certamente antecedenti a quella nella quale si é definita la procedura di diniego dell’estradizione (13/07/2015), e, pertanto, durante la pendenza di quella procedura, lo spostamento di Matacena non poteva che avvenire in maniera clandestina, poiché questi era privo di passaporto”.

 

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