20 Aprile 2024 09:54

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IMPERIA – IL 9 GIUGNO I FESTEGGIAMENTI DEL 200° ANNIVERSARIO DEI CARABINIERI / LA STORIA

In breve: Nel corso delle cerimonia verranno consegnati i riconoscimenti ai militari che si sono particolarmente distinti nel servizio d’Istituto.

carabinieriIMPERIA – Il 9 giugno 2014, alle ore 18:00, presso la caserma “Somaschini”, sede del Comando Provinciale di Imperia, avrà luogo la celebrazione del 200° anniversario della fondazione dell’Arma dei Carabinieri. Nel corso delle cerimonia verranno consegnati i riconoscimenti ai militari che si sono particolarmente distinti nel servizio d’Istituto.

Cenni storici: Così nacque la Benemerita Rientrato in Piemonte dopo la caduta di Napoleone, Vittorio Emanuele I di Savoia costituì il Corpo dei Carabinieri ispirandosi alla Gendarmeria francese. Napoleone, che aveva letteralmente messo a soqquadro l’Europa per un buon decennio, era stato appena dichiarato decaduto dal suo imperiale titolo il 3 aprile 1814 e Vittorio Emanuele I di Savoia poteva finalmente fare ritorno, sull’onda della Restaurazione, al suo Regno di Sardegna. I suoi possedimenti comprendono, oltre all’isola, i ducati di Savoia, Aosta, Monferrato, Nizza, Oneglia, le città di Alessandria, Voghera, Tortona, Vigevano e le zone della Val Sesia, Val d’Ossola, Lomellina. L’ordine pubblico, come era prevedibile dopo un simile rivolgimento politico, era quanto mai precario ed era gestito a stento dagli elementi della disciolta Gendarmeria di istituzione francese. In Francia la Gendarmeria aveva origini medievali con la delega del re ad un maresciallo dei potere giudiziario in zona di guerra. Allo scopo di controllare gli eccessi cui volentieri si abbandonavano le sue truppe dopo le battaglie e gli assedi, il maresciallo disponeva della “maréchaussée” (appunto un maresciallato), composta da compagnie di polizia e da giudici, che formavano tribunali militari.

L’intelaiatura di comando di questa polizia e della giustizia militare era costituita dai prevosti che erano a capo dei tribunali ed esercitavano il loro incarico anche per la repressione dei cosiddetti delitti di strada, cioè del brigantaggio, introducendo un concetto fondamentale di duplice polizia civile e militare in un unico corpo. Dopo essere sbarcato l’8 maggio a Genova, il vecchio re comprende piuttosto rapidamente che è necessario creare uno strumento che svolga le essenziali funzioni della Gendarmeria. La funzione sopravvive, il nome cambia. Nel giro di un mese l’opinione nei quadri dirigenti della corte si consolida intorno alla soluzione del problema del mantenimento dell’ordine. Il barone Des Geneys, Maggiore Generale delle Armate di Fanteria e Capo Squadra della Marina, in un appunto comunicava che «esaminando anche lo stato attuale delle fortunate regioni ritornate sotto il paterno dominio del loro legittimo Sovrano, non si può fare a meno d’esser vivamente impressionato dalle grandi minacce che dovunque si celano contro la tranquillità pubblica, delle quali non si possono individuare altre cause fuorché le passate peripezie e gli straordinari felici eventi, i quali devono giustamente far sperare in un avvenire fortunatissimo …».

Riflettendo poi sui mezzi coattivi per reprimere il disordine, si osserva come sarebbe «sia opportuna che efficace l’istituzione del Corpo dei Carabinieri Reali. Esso potrà ancor più rendersi utile con la nuova formazione progettata che non solo darà maggior forza con l’aumento del numero degli effettivi, ma più ancora con l’immissione degli eccellenti Ufficiali, che fondatamente si spera di incorporare». Fu così che nel giugno del 1814 fu stilato dalla Segreteria di Guerra (un equivalente dell’attuale Ministero della Difesa) un “Progetto di istituzione di un Corpo militare per il mantenimento del buon ordine” a firma del capitano reggente di Pinerolo, Luigi Prunotti. In diciotto articoli veniva redatto un regolamento che servì di base a successivi documenti. Il 16 giugno dello stesso anno fu completato un secondo studio, ‘ll Progetto d’Istruzione Provvisoria per il Corpo dei Carabinieri Reali”, controfirmato dal Generale d’Armata Giuseppe Thaon di Revel. In questo progetto si prevedevano molteplici compiti che, in un italiano un po’ più moderno del testo originale, suonano così: «Si farà ogni giorno da due carabinieri d’ogni Brigata a cavallo un giro di pattuglia sulle strade principali, quelle di traversa, sulle strade vicinali, nei comuni, casali, cascine ed altri luoghi del distretto di ciascuna Brigata…

I Marescialli e Brigadieri marceranno coi Carabinieri per i suddetti giri di pattuglia, anche per i compiti di servizio sia ordinario che straordinario… I Carabinieri arresteranno i malviventi di qualunque specie anche se semplicemente sospetti, colti in flagrante contro i quali la voce dei cittadini richiederà la loro azione». I casi straordinari d’intervento dei costituendi carabinieri comprendevano anche: furti con scasso, commessi da bande di malviventi, incendi ed assassini; rapine a corrieri governativi, diligenze cariche di munizioni o soldi dello Stato; rapimenti; repressione dello spionaggio; repressione del contrabbando e dell’accaparramento di granaglie e viveri; lotta ai falsari. Il progetto prevedeva la formazione di una sorta di Ministero degli Interni, detto ‘Buon Governo”, con la funzione di sovrintendere all’apparato di polizia, di cui i carabinieri sono la forza militare a disposizione. La storia delle origini dell’Arma dei Carabinieri si intreccia profondamente con quella del regno sabaudo ed in particolare con la Provincia di Imperia. Infatti l’Arma, intesa come corpo militare di polizia sul modello della gendarmeria francese, trae origine dall’esperienza maturata “sul campo” dal barone Giorgio Des Geneys (da cui prende il nome una nota via cittadina), fondatore e Comandante del “Corpo dei Carabinieri Reali” , il quale nel 1798 ebbe un ruolo fondamentale nel conflitto che oppose la repubblicana e filo francese Porto Maurizio alla sabauda Oneglia.

Non è difficile pensare che proprio l’esperienza accumulata durante quel tipo di conflitto praticato in questa provincia, quasi casa per casa, collina per collina, unitamente ai problemi di ordine pubblico e di controllo del territorio, ispirarono il Des Geneys all’ideazione del Corpo dei Carabinieri Reali. Sicuramente contribuirono all’intuizione del Des Geneys il tipo di strategia, di esigenze operative e di vere e proprie operazioni di polizia in cui giacobini e piemontesi, si combattevamo per la supremazia dei loro ideali politici. Si potrebbe affermare che “galeotta” fu quindi Imperia e quel periodo così denso di innovazioni sia in campo amministrativo che militare, momenti di passaggio obbligato al moderno Ottocento. Non si può non rilevare che la costituzione dell’Arma dei Carabinieri (13 luglio 1814 data in cui con le “Regie Patenti” di Vittorio Emanuele I vennero istituiti i “Carabinieri Reali”, per far fronte a gravi carenze di ordine pubblico, che si erano determinate a seguito della caduta di Napoleone e del contestuale ritiro delle truppe della gendarmeria francese) fu anch’essa il frutto concreto di quelle moderne innovazioni, ma talmente all’avanguardia dei tempi da superare conflitti mondiali ed ogni tipo di regime politico, rimanendo sempre fedele a quello stato sardo, prima, ed a quella Patria, poi, nata dai moti risorgimentali e culla dei più alti valori della nostra italianità. Una selezione severa per entrare nell’Arma Come per tutti i corpi scelti, e in particolar modo per quelli addetti alla sicurezza interna, si pose il problema molto delicato dei criteri di reclutamento.

Da un lato il problema veniva risolto dando accesso quasi esclusivo a chi avesse prestato servizio per quattro anni in altri corpi, garantendo la presenza di persone che fossero già pienamente formate alla disciplina ed alla vita militare. La validità di questo concetto è stata ripresa nel corso di questi ultimi due anni da diverse proposte che mirano a restringere nuovamente il reclutamento di tutti i corpi di polizia solo ai volontari a ferma biennale nei corpi militari. Due ulteriori filtri per l’aspirante carabiniere di allora erano rappresentati dal requisito di statura pari a non meno di 39 oncie (circa un metro e settantacinque) e da quello di saper leggere e scrivere. In un’epoca nella quale l’analfabetismo toccava valori normali almeno dell’80 per cento e la statura media risentiva di una dieta povera di proteine e lipidi, si trattava di requisiti davvero molto severi. Con la sciabola e la carabina Così la Determinazione sovrana del 9 agosto 1814 fissava con precisione l’armamento nel suo undicesimo articolo: «L’armamento per gli individui del Corpo dei Carabinieri Reali deve consistere in una carabina per quelli a cavallo, ed un fucile per quelli a piedi della qualità la più leggera. Avrà ognuno di essi individui una sciabola, col cinturone a tracolla … ; ed inoltre per quelli a cavallo due pistole di fonda».

I carabinieri a cavallo portavano: una carabina di modello corto ed una sciabola lunga, più due pistole di fonda per gli ufficiali. Quelli a piedi avevano: un fucile corto, la baionetta ed una sciabola corta, detta daga (che di fatto è la stessa ancora oggi). Allora, e praticamente fino alla prima guerra mondiale, la distinzione tra equipaggiamento militare e da polizia praticamente non esisteva e nei carabinieri la mancanza di uno strumento tipico di polizia come il manganello è durata fino ai nostri giorni. E i carabinieri sono stati impiegati spesso in compiti di ordine pubblico, dovendo adattarsi e adattare l’equipaggiamento alle diverse funzioni. In tempi come i nostri, abituati a quei prodigi della tecnica che sono le mitragliette o alle armi a raffica controllata di cui si parla, riesce piuttosto difficile immaginarsi come fossero e soprattutto come funzionassero le armi dei primi carabinieri. Tanto la carabina quanto il fucile modello 1814 derivavano dallo sperimentato fucile francese modello 1777. Si trattava di un fucile a pietra focaia, ad anima liscia e naturalmente ad avancarica. La carabina era fabbricata in due versioni: lunga da artiglieria e corta da cavalleria.

Anche il fucile poteva essere lungo per la fanteria di linea o corto per i cacciatori. I carabinieri adottavano in entrambi i casi le armi più corte, che erano anche leggere e maneggevoli. Tradizionalmente la carabina avrebbe dovuto essere ad anima rigata, allo scopo di favorire una maggiore precisione, ma nel caricamento ad avancarica questo era uno svantaggio perché richiedeva più tempo per forzare la palla di piombo nella canna. La carabina pesava 3,3 chilogrammi, era lunga 1.090 millimetri ed aveva il calibro di 17 millimetri. Oggi un calibro del genere si userebbe soltanto per una mitragliera pesante, capace di perforare diversi millimetri di acciaio, ma allora era necessario per compensare la scarsa efficienza balistica della tradizionale munizione a palla. Il volenteroso che volesse cimentarsi nel tiro con una simile arma ad avancarica (esistono delle associazioni di appassionati che usano repliche perfette) scoprirebbe che sarebbe necessaria una sequenza di movimenti decisamente complessi e che comportano una perfetta coordinazione.

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