1 Maggio 2024 08:20

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1 Maggio 2024 08:20

Coronavirus, Imperia: Cristina, infermiera, e il diario della pandemia. “Ogni giorno ho raccontato ciò che provavo. Ne sentivo l’esigenza”/La storia

In breve: La vita di Cristina, come quella di ognuno di noi, ha subito forti cambiamenti a causa della pandemia e per questo la 54enne ha deciso di documentare le sue giornate tenendo un diario giornaliero, intimo e personale.

“Sentivo l’esigenza di mettere per iscritto quello che provavo, così ho iniziato a scrivere un diario”. È nato così il libro di Cristina Colancecco, infermiera imperiese di 54 anni, intitolato “Eppure non ero in prima linea”, pubblicato pochi giorni fa, in cui sono raccolte tutte le sue memorie dei mesi della pandemia da Coronavirus.

Imperia: il diario di Cristina scritto durante la pandemia

Cristina lavora come infermiera nel reparto di Psichiatria dell’Ospedale di Imperia. Come recita il titolo del libro, non era “in prima linea” in un reparto dedicato al Covid, ma, nonostante questo, la sua vita, come quella di ognuno di noi, ha subito forti cambiamenti a causa della pandemia e per questo ha deciso di documentare le sue giornate tenendo un diario giornaliero, intimo e personale.

Pagine in cui chiunque potrebbe riconoscersi. Si parla infatti di paura e preoccupazione per l’incertezza del momento, di canzoni intonate sul terrazzo per sentirsi più uniti, di videochiamate con i cari lontani, di speranza per il futuro.

I ricavati del libro, disponibile sulle piattaforme digitali (es: Amazon), verranno utilizzati per finanziare lo spettacolo della compagnia teatrale amatoriale Scaccomatto, di cui Cristina è regista. I proventi dello spettacolo saranno devoluti alla Onlus imperiese SorridiconPietro.

Imperia, Coronavirus: “Il mio diario durante la pandemia”. Il libro di Cristina Colancecco

Come mai ha avuto l’idea di pubblicare un libro?

“È successo tutto in maniera molto naturale. Durante il lockdown le emozioni erano tante e sentivo il bisogno di metterle per iscritto, così ho iniziato a scrivere ogni giorno un diario, a livello personale, non di certo con l’intenzione di pubblicarlo un giorno. Io sono abituata a scrivere, essendo regista di una compagnia teatrale.

Quando poi l’emergenza si è affievolita, ho smesso. Anche questo è successo in maniera spontanea. Mi sono resa conto che iniziavo a ripetermi e quasi a sforzarmi, perciò ho capito che era il momento di finire. Caso vuole che fosse il 12 maggio, la festa degli infermieri.

Mio marito mi ha proposto: ‘Ma perché non lo pubblichi?‘. All’inizio ci scherzavamo su, ma poi sentivo che sarebbe stato importante per lasciare qualcosa di mio personale a chi mi conosce e anche per me stessa. Già adesso, quando vado a rileggerlo, mi rendo conto di quante cose non ricorderei più se non le avessi scritte.

Così ho trovato una piattaforma online che pubblicava libri e ho deciso di autopubblicarlo”.

Come è strutturato il libro?

“Come un semplicissimo diario. C’è la data e sotto il racconto della mia giornata. Dalle paure del contagio all’esperienza difficile in ospedale, dal rapporto con la famiglia alle canzoni cantate sul terrazzo con i vicini. Ci sono i miei pensieri e le mie riflessioni su molti aspetti dell’emergenza, dal mio punto di vista.

Vorrei sottolineare che non si parla dell’esperienza specifica in ospedale, ma del mio vissuto a livello personale, come infermiera, donna, mamma, persona comune”.

Ci sono dei momenti che ricorda particolarmente?

Ricordo il giorno in cui ho avuto un’esperienza con una paziente che mi ha segnato. Nel nostro reparto, Psichiatria, abbiamo un rapporto speciale con ogni paziente. Questa paziente è molto affettuosa e sempre alla ricerca di abbracci. Purtroppo, con le misure restrittive, un giorno ho dovuto dirle che non potevamo abbracciarci e per lei è stato difficile da accettare. Anche io, di conseguenza, ho avuto un crollo. Sembra una sciocchezza, ma non è così. Per loro è importante.

In un’altra giornata, invece, racconto l’anniversario festeggiato durante il lockdown con mio marito Giancarlo. Abbiamo compiuto 29 anni di matrimonio e mai ci saremmo immaginati che saremmo stati chiusi in casa per una epidemia mondiale.

Ci sono anche i racconti sui miei figli, Luca e Cleo, musicisti. Abbiamo spesso cantato tutti insieme sul terrazzo”.

E a livello lavorativo?

Io non ho mai lavorato in un reparto Covid, ma anche nel nostro reparto abbiamo vissuto da vicino l’emergenza. Oltre al fatto che sotto di noi c’era l’area respiratoria e vicino avevamo l’area dedicata ai tamponi, abbiamo avuto anche dei colleghi ammalati e anche alcuni pazienti. Queste notizie generavano, specialmente all’inizio, molta paura, soprattutto il timore di portare il virus a casa.

Ricordo che uno dei momenti che ho vissuto con più agitazione è stato il periodo di attesa (3 o 4 giorni) dell’esisto del primo tampone che ho dovuto fare dopo che 2 colleghi sono risultati positivi. In testa avevo tantissime preoccupazioni per la mia famiglia, dato che mi sarei dovuta isolare. Per fortuna è andato tutto bene”.

Ha avuto riscontri positivi sul libro?

“Incredibilmente sì, non solo dalle persone che mi vogliono bene. Quando ho visto che risultavano delle copie vendute chissà dove, non riuscivo a crederci. Mi ha fatto molto piacere.

Con i soldi delle vendite spero di riuscire a finanziare il prossimo spettacolo della nostra Compagnia di Teatro, in modo tale da poter devolvere interamente i proventi dello spettacolo all’Onlus SorridiconPietro”.

 

 

 

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