19 Aprile 2024 23:20

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19 Aprile 2024 23:20

“HO TEMUTO DI NON TORNARE A CASA”, LA DRAMMATICA AVVENTURA DELL’ALPINISTA STEFANO SCIANDRA ALLA CONQUISTA DELLO STRAHLORN / IL RACCONTO

In breve: "Siamo stati investiti da raffiche di vento a oltre 100 km orari, che si aggiungevano alla neve e alla nebbia. A quel punto ci siamo accucciati sulla cresta conficcando i ramponi nel ghiaccio per non essere spazzati via. Contemporaneamente, con 12 gradi sottozero, abbiamo iniziato ad avvertire sintomi di congelamento alle dita delle mani nonostante i guanti..."
sciandra 4000
Da sinistra: Sciandra in vetta in mezzo alla bufera, a fianco l’alpinista imperiese nel rifugio

SAAS-FEE – Drammatica ascensione per Stefano Sciandra. L’alpinista imperiese, che il 22 agosto 2013 aveva conquistato l’accesso al prestigioso Club 4000, riservato agli alpinisti che abbiano scalato almeno 30 degli 82 4000 delle Alpi ufficialmente riconosciuti dall’UIAA (Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche) ha scalato nella giornata di domenica 22 giugno 2014 lo Strahlorn (4190 m) nel Vallese Svizzero. Una scalata che ha permesso a Sciandra di migliorare il proprio curriculum (adesso sono 31 i 4000 saliti) ma che poteva avere conseguenze nefaste. «Stavolta ho temuto di non tornare a casa – dice Sciandra da Saas-Fee. Mai mi ero trovato in una situazione tanto difficile.

Completamente disattesi i bollettini meteo e i modelli matematici che prevedevano una giornata di sole sul Vallese sino al tardo pomeriggio. Già alle 3.00 a.m. – continua Sciandra – alla Britanniahutte  (3030 m, n.d.r.) il Rifugio base di partenza per lo Strahlorn, nevischiava. Pensando fosse una situazione momentanea, visto il bollettino che insisteva su condizioni meteo favorevoli, siamo partiti per affrontare l’ascensione, tra le più lunghe nelle Alpi. Man mano che salivamo le condizioni peggioravano. Dapprima ha iniziato a nevicare intensamente, poi arrivati ai 3789 m dell’Adlerpass, la visibilità era nulla. Dopo oltre mezz’ora di sosta indecisi si proseguire o meno, visto che non si vedeva la vetta né la via da seguire, complice una fugace schiarita, assieme a Gianni Gorret, Guida Alpina delle Guide del Cervino abbiamo ripreso a salire.

Dopo pochi minuti siamo stati investiti da raffiche di vento a oltre 100 km orari, che si aggiungevano alla neve e alla nebbia. A quel punto ci siamo accucciati sulla cresta conficcando i ramponi nel ghiaccio per non essere spazzati via. Contemporaneamente, con 12 gradi sottozero, abbiamo iniziato ad avvertire sintomi di congelamento alle dita delle mani nonostante i guanti. Indossando un ulteriore paio di guanti più leggeri sotto quelli da alta quota la circolazione sanguigna è ripresa e siamo ripartiti verso la vetta che fugacemente compariva in lontananza.

Dopo quasi sette ore siamo arrivati alla croce di vetta a 4190 m di quota posizionata su una esile cresta. Non si vedeva a due metri di distanza e abbiamo iniziato la discesa completamente alla cieca. Fortunatamente poco sotto i 4000 m una schiarita restituiva un minimo di visibilità e di serenità. Anche la discesa è stata lunghissima, visto che di tanto in tanto riprendeva a nevicare, ma dopo oltre 12 ore dalla partenza vedevamo nuovamente la Britanniahutte e la fine di una sorta di incubo. A seguito del perdurare dell’instabilità meteo rientrerò in Italia, posticipando la scalata dell’Alphubel (4206 m, n.d.r.) che avrei dovuto tentare subito dopo lo Strahlorn. Da valutare il periodo visto che il 12/13 luglio parteciperò alla sesta edizione del Challenge Seven Summits, la 46 km sulle Alpi Liguri, ideata dall’amico Lorenzo Gariano, che ha scalato le Sette Cime più alte di tutti i continenti, Everest compreso».

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