19 Aprile 2024 01:51

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19 Aprile 2024 01:51

“Freno cabina manomesso per aggirare anomalia”: tragedia Stresa-Mottarone, tre fermi. Hanno confessato/L’inchiesta

In breve: Svolta nell'inchiesta sulla tragedia della funivia Stresa-Mottarone, sul Lago Maggiore, costata la vita a 14 persone.

Svolta nell’inchiesta sulla tragedia della funivia Stresa-Mottarone, sul Lago Maggiore, costata la vita a 14 persone. Nella notte sono state fermate tre persone: Luigi Nerini, titolare dell’impresa che gestisce la funivia, il direttore Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini.

L’epilogo delle indagini è drammatico, i tre fermati, infatti, secondo quanto riferito dal comandante provinciale dei Carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani, torchiati dagli inquirenti, hanno ammesso di aver disattivato i freni di emergenza per aggirare un’anomalia dell’impianto di risalita che, per essere superata, avrebbe comportato il fermo, a tempo indeterminato, della funivia.

La morsa che teneva aperti i freni di emergenza, il cosiddetto “forchettone“, non era stata dimenticata inserita, ma aveva una precisa funzione, quella appunto, di aggirare un’anomalia ai freni.

Tragedia funivia Stresa-Mottarone: tre fermi

I tre fermati, Nerdini, Perocchio e Tadini, sono accusati di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime.

“C’erano malfunzionamenti nella funivia – ha spiegato Cicognani – è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la ‘forchetta’, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione”.

“Nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l’esito fatale ha spiegato la Procuratrice di Verbania, Olimpia Bossi, al termine degli interrogatori.

Pochi giorni dopo Luigi Nerini e Enrico Perocchio sono stati scarcerati. Il Gip, infatti, non ha convalidato gli arresti. L’unico arresto convalidato è stato quello di Tadini, cui sono stati concessi i domiciliari.

L’inchiesta

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, da quando la funivia era stata riaperta, dopo il blocco forzato dovuto alle restrizioni anti-covid, la centralina rilevava anomalie dell’impianto frenante di una delle due cabine. Per far fronte al problema erano stati chiesti interventi di manutenzione che, però, si erano rivelatinon risolutivi. Per risolvere le anomalie sarebbe stato necessario prevedere uno stop all’impianto. La riapertura dopo mesi di blocco forzato e l’arrivo della bella stagione probabilmente, secondo gli inquirenti, avrebbero indotto i tre fermati ad adottare soluzioni alternative, atte a tamponare il problema. 

Per evitare, infatti, che la cabina continuasse a fermarsi, con la necessità di trainarla sino alla stazione, è stato posizionato il cosiddetto forchettone per bloccare i freni di emergenza. 

“Il sistema presentava delle anomalie – ha spiegato la Procuratrice di Verbania, Olimpia Bossi – e necessitava di un intervento più radicale, probabilmente con un blocco, se non prolungato, consistente, dell’impianto. Per ovviare a questo problema gli operatori, con il concorso e l’avvallo e la assoluta consapevolezza del gestore e di colui che era il responsabile dell’impianto, sulla cabina non è stata rimossa questo dispositivo (detto forchettone, ndr) e quando il cavo si è spezzato il freno di emergenza non è potuto entrare in funzione. Hanno commesso un gesto materialmente consapevole”.

 

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