20 Aprile 2024 15:55

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20 Aprile 2024 15:55

Da Rai3 a Imperia: a tu per tu con il divulgatore Jacopo Veneziani. “Non bisogna andare al museo come al supermercato. Le opere vanno guardate per davvero”

In breve: Veneziani ha dialogato con la prof.ssa Maria Teresa Verda Scajola e la prof.ssa Francesca Rotta Gentile.

“Nei musei i visitatori si fermano in media tra i 3 e i 5 secondi davanti un’opera. Non è vero che l’arte è distante, siamo noi che siamo distratti. Per avvicinarsi a un’opera basterebbe guardarla per davvero, cambiare assetto mentale“. Queste le parole di Jacopo Veneziani, divulgatore e volto televisivo del salotto di Massimo Gramellini su Rai3, ospite della rassegna letteraria Grandi autori a casa tua, nella seconda puntata dedicata alla storia dell’arte.

Veneziani, dialogando con la prof.ssa Maria Teresa Verda Scajola e la prof.ssa Francesca Rotta Gentile, ha parlato di numerose opere artistiche e ha presentato i suoi libri “Simmetrie. Osservare l’arte di ieri con lo sguardo di oggi” (Rizzoli, 2021) “#Divulgo. Le storie della storia dell’arte” (Rizzoli, 2020).

Le interviste di Grandi autori a casa tua proseguiranno prossimamente con i dodici autori finalisti al Premio Strega 2021, il prossimo incontro vedrà protagonista l’autrice novantenne Edith Bruck, autrice di Il pane segreto (La Nave di Teseo), che sarà intervistata dalla prof.ssa Stefania Sandra, vicepreside del Liceo Cassini di Sanremo e dalla prof.ssa Francesca Rotta Gentile.

Tutte le interviste di Grandi autori a casa tua, il cui montaggio è stato curato da Jacopo Brandani, sono pubblicate sulla pagina Facebook della rassegna tinyurl.com/fbGrandiAutori e sul canale Youtube Grandi autori a casa tua tinyurl.com/ytGrandiAutori.

Arte: a tu per tu con Jacopo Veneziani

Lei afferma che le opere d’arte ‘bisogna guardarle per davvero’. Cosa intende?

“Avendo iniziato la mia divulgazione sui social, mi capita spesso che le persone mi scrivano ‘non so mai come guardare un quadro’. Io rispondo che basta guardarlo per davvero. Chi studia il comportamento dei visitatori dei musei, infatti, afferma che in realtà il visitatore si ferma tra i 3 e i 5 secondi davanti un’opera. Quindi non è vero che c’è una barriera che ci tiene lontano dalle opere, bensì siamo noi che spesso siamo distratti, andiamo in un museo quasi come fossimo dei robot oppure come se fossimo al supermercato con la lista della spesa, cercando certe opere che sappiamo che ci sono già nel museo, come la Gioconda al Louvre, e alla fine il tempo che passiamo davanti all’opera è molto limitato, così come è limitata l’attenzione che gli dedichiamo.

Per avvicinarsi a un’opera basterebbe guardarla per davvero, cambiare assetto mentale quando andiamo al museo. Essendo noi animali siamo attenti al contesto. Siamo nati per essere bravi osservatori. Quando incontriamo una persona che non conosciamo cerchiamo di guardare i dettagli, cerchiamo di captare le informazioni su quella persona cercando di analizzarla iconograficamente, ed è quello che dovremmo fare davanti a un’opera d’arte, invece ce ne dimentichiamo e l’arte ci sembra distante. Anche senza essere storici dell’arte, facendo questa operazione riusciremmo a capire qualcosa dell’opera. Tutto questo non è possibile se l’approccio alle opere è frettoloso”.

Simmetria Trinità di Masaccio e Lucio Fontana

“Si tratta di un esercizio di stile: associare due artisti lontani dal tempo che apparentemente non hanno nulla in comune, ma che in realtà hanno un substrato concettuale condiviso. Ad esempio metto a confronto la Trinità di Masaccio, affresco del ‘400 in Santa Maria Novella a Firenze, in cui rispolvera la prospettiva e sfonda la parete bidimensionale che diventa tridimensionale, una realtà virtuale, potremmo dire con i tagli sulle tele di Fontana. Il secolo successivo, Vasari descrive la Trinità dicendo: ‘pare che sia bucato quel muro’. Aveva creato bene l’illusione di un altro muro. Mi sono quindi venuti in mente i buchi di Fontana, che prima di tagliare le tele le bucava, siamo negli anni 40, 50, 60, gli anni dell’esplorazione spaziale. Entrambi, ognuno con il linguaggio della propria epoca, stanno cercando di soddisfare il desiderio d’altrove, un voler andare oltre la superficie pittorica. Uno ci va con la prospettiva lineare, l’altro sfondando letteralmente la superficie pittorica. Cambia anche il contesto. L’altrove pittorico costruito da Masaccio è un altrove a misura d’uomo, in un’epoca in cui l’uomo è la misura del cosmo. Invece, Fontana, negli anni dell’esplorazione spaziale, in cui si capisce che il mondo non è costruito intorno all’uomo, afferma che forse è l’ora di andare oltre questa visione egocentrica e trovare un modo per far sì che il quadro vada oltre la sua cornice, per porre lo spettatore di fronte allo spiraglio dell’infinito. La percezione che gli uomini avevano guardando i primi filmanti dallo spazio”.

Ecco l’intervista integrale

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