16 Aprile 2024 22:33

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16 Aprile 2024 22:33

Imperia: a 20 anni percorre il Cammino di Santiago da sola, la storia di Alessia. “Ragazzi, staccatevi dai social. Ogni giorno ci perdiamo tantissime occasioni”/Le immagini

In breve: Alessia ha camminato per 30 giorni percorrendo 790 km con la sola compagnia del suo zaino e dei pellegrini come lei che ha incontrato sul percorso.

“Il cammino ti fa capire quali sono le cose veramente necessarie per vivere. Io avevo tutto quello che mi serviva nel mio zaino. Mi sono quindi resa conto di quante cose superflue possediamo nella vita”. Così Alessia Licalsi, 20enne imperiese, descrive le consapevolezze maturate durante il suo viaggio in solitaria lungo il cammino di Santiago.

Alessia ha camminato per 30 giorni percorrendo 790 km con la sola compagnia del suo zaino e dei pellegrini come lei che ha incontrato sul percorsoUn’esperienza lontana dal ritmo frenetico della vita quotidiana, dall’essere sempre connessi sui social, per ritornare a una dimensione più umana, essenziale.

Ecco cosa ha raccontato a ImperiaPost.

Imperia: a 20 anni percorre il Cammino di Santiago da sola, la storia di Alessia

Perchè hai deciso di partire?

“In realtà non avevo una motivazione ben precisa quando sono partita. La cosa buffa è che durante il cammino quando si incontrano altri pellegrini è la prima domanda che si fa, ma ho notato che il 90% delle persone non sapeva spiegare precisamente il motivo come me. Principalmente avevo voglia di vivere un’esperienza, di dedicare un po’ di tempo a me stessa. Ho 20 anni e non ho ancora le idee chiarissime su cosa fare in futuro, quindi ho pensato di staccare un po’ e magari dedicarmi a riflettere sulla mia vita. Fare il cammino non era nei miei programmi, ho deciso tutto nel giro di 2 settimane”.

Quanto è durato il tuo cammino?

“Sono partita il 1° ottobre da Saint-Jean-Pied-de-Port, il punto di partenza principale per il cammino francese, e sono arrivata a Santiago il 30 ottobre, percorrendo quindi 790 km in un mese, circa 30 km al giorno.

Ero partita con calma, i primi giorni sono stati tosti, poi sono entrata in un ritmo che camminare era diventata quasi una dipendenza. Infatti, quando sono tornata a casa, non riuscivo a non camminare.

Ho camminato quasi sempre da sola durante il percorso, ma allo stesso tempo ho creato tanti bei rapporti con gli altri pellegrini. Avevamo tutti ritmi diversi, ma ci incontravamo poi la sera negli ostelli.

Ognuno di noi aveva una ‘credenziale’, una specie di passaporto dove ostelli, chiese, bar, ristoranti facevano i timbri. Presentandola all’ufficio del pellegrino di Santiago, ci hanno rilasciato l’attestato”.

Chi hai incontrato?

“Inaspettatamente ho incontrato più persone americane, canadesi, cinesi, rispetto a persone europee. Ho incontrato pochi italiani, molti spagnoli, che spesso percorrono il cammino in più ‘tranche’ in diversi anni, e soprattutto persone più anziane di me. Questo forse è stato dovuto al fatto che sono andata ad ottobre e non in estate, quindi molti giovani sono impegnati all’università. In ogni caso, ho conosciuto persone fantastiche.

Tra di noi ci aiutavamo, ci prestavamo piccole cose, ci supportavamo”.

Hai dovuto affrontare particolari difficoltà?

“Devo dire di essere stata fortunata sia per il meteo, sia perchè non ho mai avuto problemi fisici, nè vesciche dolorose nè ferite o problemi di salute. Più che altro è stato difficile mentalmente alcuni giorni in cui passavo ore e ore completamente da sola in mezzo al nulla. Infatti, lungo il cammino, ho attraversato solo un paio di grandi città, per il resto solo pianure desertiche e boschetti. Per chilometri non ho visto nessuno, nè persone nè case”. 

Questa esperienza ti ha aiutato nel maturare delle consapevolezze?

“Assolutamente sì. Pensavo che avrei avuto tempo per fare lunghe riflessioni profonde, invece, al contrario, ho svuotato la mente. Pensavo solo a camminare, a trovare un posto dove dormire, a mangiare e conoscere persone nuove. Mi concentravo su quello che avevo intorno, sulle cose essenziali. Pensavo che sarei tornata con una risposta, mentre credo che sia stato proprio il cammino stesso la risposta. Ovvero che è importante prendersi del tempo per se stessi, di non vivere solo nella costante frenesia della vita quotidiana.

La cosa più importante di cui mi sono resa conto è stata la consapevolezza di quanto tempo perdiamo ogni giorno, soprattutto noi giovani, usando il telefono. Prima di partire usavo il cellulare fino a 5 o 6 ore al giorno, un tempo lunghissimo. Durante il cammino ho staccato internet, ho tolto i social e sentivo i miei cari solo attraverso alcuni messaggi su Whatsapp per far sapere loro che stavo bene. Ricordo che a un certo punto il telefono mi ha mandato una notifica in cui mi diceva che nell’ultima settimana avevo utilizzato il telefono solo 11 minuti. Lì mi sono resa conto di quanto tempo sprechiamo che potremmo utilizzare per vivere tantissime esperienze o anche solo per dedicarlo a noi stessi. Non nego che i social siano un ottimo mezzo di comunicazione e che siano utili per molte cose, ma la maggior parte di noi ne abusa.

Il cammino ti fa anche capire quali sono le cose veramente necessarie per vivere. Io avevo tutto quello che mi serviva nel mio zaino. Mi sono quindi resa conto di quante cose superflue possediamo nella vita.

Inoltre, il cammino mi ha dato una grande spinta per quanto riguarda l’autostima. Spesso ci facciamo intimorire dall’ignoto o dai cambiamenti, ma molte volte siamo noi stessi a porci dei limiti. Io fino a 2 mesi fa non avrei mai pensato di poter camminare 30 km al giorno, con uno zaino di 8 kg sulle spalle, per 30 giorni di fila, completamente sola. Invece l’ho fatto. Questo mi ha dato molta sicurezza in me stessa, mi ha fatto capire che si può sempre lavorare su di sè”.

Com’è stato il momento dell’arrivo a Santiago?

“Quando sono arrivata l’emozione è stata molto forte. Il giorno prima mi mancavano solo 7 km, ma ho preferito fermarmi per arrivarci il giorno dopo con calma. Quella mattina, quando mi sono svegliata, era come se il mio corpo non volesse camminare, come se avesse capito che era finito il viaggio. Da una parte c’era la voglia immensa di arrivare e vedere la cattedrale, ma dall’altra la paura di tornare alla normalità. Parlando con gli altri pellegrini abbiamo scoperto che è stata una sensazione comune a più persone. Quando sono arrivata alla piazza di Santiago non ho subito alzato lo sguardo per vedere la cattedrale, ma sono andata al centro dove c’è la conchiglia, il simbolo del cammino. A quel punto ho alzato gli occhi e appena ho visto la cattedrale ho iniziato a piangere come una bambina. Un’emozione unica”.

Quali sono i tuoi sogni?

“Mi sono diplomata al Liceo Linguistico nell’anno del covid. Lavoro per La Femme spettacoli, sono acrobata aerea. Da piccola ho fatto ginnastica artistica, quando ho scoperto la scuola di circo mi sono innamorata e non ho più smesso. Non ho ancora le idee chiare sul futuro, ma so che mi piacerebbe viaggiare”.

Consiglieresti a tutti di fare questo cammino?

“Certamente, soprattutto ai più giovani, innanzitutto perchè è una bellissima esperienza e poi perchè, sebbene non ti fornisca magari le risposte a domande esistenziali, ti aiuta a maturare delle consapevolezze che secondo me saranno molto utili nella vita”.

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