25 Aprile 2024 13:11

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25 Aprile 2024 13:11

Imperia: dal premio Andersen al ritorno a scuola. A tu per tu con Ginevra Van Deflor. “Con le favole siamo liberi di usare la fantasia, dovremmo usarla di più nella nostra vita”

In breve: L'imperiese Ginevra Van Deflor premiata al Festival Andersen

“La fantasia ti permette di vedere la vita in modo diverso e di trovare soluzioni alternative in momenti difficili”. Così Ginevra Van Deflor, pseudonimo letterario di una scrittrice imperiese, racconta cosa significano per lei le favole.

Proprio la sua favola, intitolata “LUProcesso”, ha recentemente vinto il Trofeo Baia delle Favole nell’ambito della 55ª edizione del prestigioso Festival Andersen, che si è svolto a Sestri Levante lo scorso giugno.

L’imperiese Ginevra Van Deflor premiata al Festival Andersen

Com’è stato ricevere il premio?

“È stato un momento molto emozionante, anche perchè ho avuto l’onore di essere premiata dal grande Alessandro Bergonzoni e di essere stata selezionata da una giuria prestigiosissima, presieduta da Lidia Ravera e insieme a una serie di professionisti del settore. Tutte persone che io stimo tantissimo.

Il Trofeo Baia delle Favole, per chi adora le favole come me, è qualcosa di magico. Questo riconoscimento mi ha dato la carica e l’incoraggiamento giusto per continuare su questa strada”.

Quando ha iniziato a scrivere favole e perchè?

“Da quando ho memoria ho sempre adorato inventare storie. Penso che la fantasia sia essenziale nella vita. Purtroppo nel mondo adulto c’è sempre poco spazio per la fantasia, credo che ce ne dovrebbe essere molto di più. La cosa bella di scrivere favole è la possibilità di esprimere la fantasia senza limiti rispetto ad altri tipi di racconti più verosimili, che hanno meno spazio di manovra. In fondo nel quotidiano viviamo tutti delle routine, spesso abitudinarie, invece le favole permettono di evadere di più.

Scrivere favole è sempre stata una mia passione ma non mi sono mai lanciata nel mondo professionale. Per me scrivere è sempre stata qualcosa di essenziale, ma l’ho sempre fatto in campi molto più ‘seri’, scrivendo comunicati stampa, recensioni, articoli. In realtà, ciò che mi appartiene di più è la scrittura creativa ma l’ho sempre tenuta per me. I miei cassetti sono pieni di miei scritti, li facevo leggere solo agli amici. Finchè ho trovato il coraggio, alcuni anni fa, di autopubblicare un libro intitolato ‘Back to school: L’insostenibile pesantezza dell’essere Genitori-di-Allievi’.

L’ho scritto innanzitutto perchè avevo bisogno di affrontare un momento particolare della mia vita, quello di diventare mamma di bambino che va a scuola. È stato un impatto forte perchè ho scoperto cose che non conoscevo, dalle chat delle mamme alle liste infinite di forniture scolastiche. Dato che quando devo affrontare qualcosa che mi spaventa tendo a sdrammatizzarla, ho pensato di scriverne in modo ironico, sperando che potesse aiutare me e anche qualche altro genitore nella mia situazione che ha voglia di riderci sopra. Quello è stato il mio primo passo come scrittrice”.

In quel momento è nata l’idea dello pseudonimo. Come mai e da dove arriva il nome?

“Sì. Visto che nel libro ho raccontato aneddoti che mi sono capitati, un po’ ingigantiti, ho temuto che qualcuno si potesse offendere e così ho deciso di adottare un nome d’arte, che ho mantenuto. Avere uno pseudomino è come recitare una parte come attore, si possono prendere le distanze e avere più libertà.

‘Ginevra’ l’ho scelto perchè è un nome femminile che mi è sempre piaciuto ma che non ho mai usato perchè ho avuto due figli maschi. Il cognome ‘Van Deflor’ l’ho pensato riferendomi allo specchio delle fiabe ‘Mirror mirror on the floor’, per indicare un’altra me. Inoltre, dà un tocco di esterofilia che mi rispecchia, dato che vivo all’estero da tanti anni, e che piace sempre a noi italiani”.

Vive a Parigi da tempo, ma le sue origini sono imperiesi, è rimasta legata a Imperia?

“Sì, sono nata e cresciuta a Imperia fino ai 18 anni. Dopodiché ho vissuto a Milano, a Firenze e poi, ora, a Parigi. A Imperia c’è la mia famiglia, quindi torno regolarmente ogni estate. Come penso per molte persone, il luogo dove si è nati rimane sempre un grande amore, ma allo stesso tempo resta quell’irritazione per le molte potenzialità che non vengono sempre sfruttate. Io amo scoprire il mondo, rimanere ferma in un posto non mi appartiene, ma devo dire che il mare mi manca moltissimo”.

 

Di cosa parla “LUProcesso”?

“Il lupo è un personaggio delle favole nelle quali viene quasi sempre descritto come cattivo. Così mi sono immaginata che a un certo punto si stufi di questa nomea e porti a processo in Tribunale gli autori classici che lo hanno sempre dipinto così, da Esopo a Fedro, fino ai fratelli Grimm e Walt Disney. A suo favore porta testimoni come Cappuccetto Rosso e le mamme dei capretti per dimostrare che la realtà varia a seconda della prospettiva con cui viene raccontata. Il finale della favola lascia il dubbio sulla possibilità che gli imputati siano innocenti o colpevoli. Sarà il giudice, che è il lettore, a decidere.

Mi piaceva l’idea di stimolare i lettori (la fascia di età a cui si rivolge è 6-12 anni) a immaginare che le cose non sono sempre come vengono raccontate dagli altri, e soprattutto sottolineare l’importanza di andare alla fonte, sentire altre testimonianze per potersi poi fare un’idea autonomamente e con cognizione di causa. Si tratta di una fiaba buffa, che fa ridere, ma dà la possibilità, con un accompagnamento che può essere quello del genitore o del maestro, di riflettere su qualcosa di importante.

Sono molto felice dell’interesse che questo racconto ha suscitato in alcune case editrici e mi auguro di poterlo pubblicare al più presto e andare avanti su questa strada”.

A breve inizia un nuovo anno scolastico, il primo che sembra tornare alla normalità dopo gli anni della pandemia. Cosa si sente di dire ai giovani, specialmente ai più piccoli che non finora hanno conosciuto la scuola solo con tutte le limitazioni anti-contagio?

“La scuola è una parte del tempo dei giovani molto significativa. Spero che questo ritorno alla normalità possa essere vissuto da tutti come una festa, sia per gli alunni, sia per i genitori, sia per gli insegnanti. È stato un periodo molto stressante e difficile per tutti e ora si ha tanta voglia di tornare insieme, di riappropriarsi di cose che davamo per scontate, ma che invece abbiamo scoperto essere preziosissime.

Imparare è davvero una festa, è un arricchimento. L’insegnante ha un ruolo difficile e mai supportato adeguatamente. In Italia la pandemia e le misure di contenimento hanno generato dei problemi a livello scolastico, lasciando indietro molti bambini. Ora bisogna recuperare il tempo perso e fare in modo di ritrovarsi tutti insieme come comunità. Spero che tutti, insegnanti e genitori, possano collaborare ed essere flessibili, aiutarsi a vicenda.

Siamo ancora in un contesto nazionale e internazionale complicato, è importante supportarsi reciprocamente. Anche in questo le favole possono essere importanti, anche se non sembrerebbe. La fantasia e la creatività aiutano a sdrammatizzare, a essere più sensibili e tolleranti, a venirsi incontro e a trovare soluzioni alternative, a non irrigidirsi sulle proprie posizioni”.

 

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