30 Aprile 2024 00:36

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30 Aprile 2024 00:36

Imperia: “hikikomori”, al centro aggregativo Puerto l’incontro sul fenomeno dell’isolamento giovanile. “Visione della società negativa e cinica. Social e videogiochi? Una conseguenza, vero problema è l’ansia di relazionarsi”/Foto e Video

In breve: Si tratta degli "Hikikomori", termine giapponese che significa "stare in disparte", utilizzato per indicare una persona che ha scelto di scappare fisicamente dalla vita sociale.

Grande partecipazione questo pomeriggio presso il centro aggregativo “Il Puerto”, per l’incontro sul fenomeno dell’isolamento sociale dei giovani. Si tratta degli “Hikikomori“, termine giapponese che significa “stare in disparte“, utilizzato per indicare una persona che ha scelto di scappare fisicamente dalla vita sociale.

L’incontro, organizzato dall’Associazione Arci “Campo Delle Fragole”, con il sostegno della Fondazione San Paolo, ha visto come relatore Marco Crepaldi, psicologo e autore del libro “Hikikomori. I giovani che non escono di casa”.

Il fenomeno Hikikomori, l’intervista allo psicologo Marco Crepaldi

“Gli hikikomori sono ragazzi che si isolano dalla società ed è un fenomeno che ormai in Italia conta più di cento mila casi.

Ragazzi che abbandonano la scuola, gli amici, tutte le attività sociali e a volte anche il contatto con i genitori e si chiudono in camera da letto.

Come associazione nazionale Hikikomori Italia seguiamo questo fenomeno da più di 5 anni e oggi siamo qua per parlarne anche a Imperia”.

Cosa spinge questi ragazzi ad isolarsi in casa?

“L’ansia sociale, l’ansia del giudizio da parte dei coetanei in particolare ed una visione della società particolarmente negativa, cinica, che li porta a desiderare a non averci nulla a che fare.

Principalmente una difficoltà nel legare a livello sociale, che poi sfocia in tutta una serie di problematiche anche depressive”.

Questo fenomeno lo si può collegare all’utilizzo di videogiochi, televisione e social?

“Si, ma di solito l’abuso del mezzo telematico è una conseguenza. Quello che spinge questi ragazzi in casa non sono internet o i videogiochi, ma appunto è l’ansia di relazionarsi.

I videogiochi ed internet diventano una finestra che loro utilizzano per rimanere in contatto con la società, spesso in maniera ossessiva o abusandone.

Non è quasi mai la causa diretta, è un altro problema”.

Questo fenomeno colpisce solo i giovani o anche le persone più adulte?

“Di solito questo tipo di isolamento inizia intorno ai 15 anni, ma sicuramente anche dopo i 20 anni può capitare di sprofondare nell’isolamento volontario cronico, che è l’hikikomori.

Però è più raro, perché di solito si hanno gli strumenti per gestire queste ansie e anche anche questa forte repulsione nei confronti della società, con cui si trova di solito un certo tipo di compromesso”.

Cosa si potrebbe fare per uscirne?

“Per uscirne dobbiamo per forza lavorare a livello preventivo, intervenire prima che l’isolamento si cronicizzi. Intervenire sulla famiglia e sulla scuola per permettere a questi ragazzi di continuare a studiare, nonostante le difficoltà sociali.

Dobbiamo agire a livello sistemico, non considerarlo come un problema del singolo, ma considerarlo come un problema sociale.

Ovviamente cercare di far accettare a questi ragazzi, che spesso non accettano l’aiuto degli psicologi, un percorso di recupero delle proprie competenze sociali e di superamento di questa forte repulsione nei confronti della società”.


Puerto è uno spazio di comunità ed è stato riconosciuto CIVIC PLACE dalla Fondazione Italia Sociale: “un luogo straordinario dove si intrecciano bellezza, legami, storie e azioni. Un luogo in cui è viva la testimonianza di un’esperienza civica, dove accade qualcosa di importante per la COMUNITÀ”.

A cura di Alessandro Moschi

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