26 Aprile 2024 02:08

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26 Aprile 2024 02:08

Elezioni Imperia: Scajola il grande protagonista, sistema che vince non si cambia. Un Pd allo sbando trascina a fondo l’opposizione / L’editoriale

In breve: Il dato di fatto è che se quasi la metà degli imperiesi ha deciso di non andare a votare abbiamo un bel problema. Negarlo è inutile oltre che controproducente.

Claudio Scajola è il grande vincitore della tornata elettorale appena conclusa. Un successo mai in discussione, suffragato da grandi numeri e da un dominio incontrastato in tutti i seggi, compresi quelli che, alla vigilia, venivano indicati come indigesti, Borgo Prino e via Trento giusto per citare due esempi. Una vittoria schiacciante conquistata anche grazie all’appoggio dei “totiani” e del nipote Marco Scajola capaci di cimentarsi in un triplo carpiato degno dei migliori tuffatori cinesi, guidati dall’opportunismo politico.

Scajola negli ultimi cinque anni ha ricostruito il sistema di potere e consenso che ha fatto le sue fortune a cavallo tra gli anni 90 e 2000. Un sistema che strizza l’occhio alle istituzioni e alle autorità, fondato in primis su se stesso, sulla sua strabordante personalità, capace di coinvolgere visceralmente, sulla cultura del lavoro, sul ricorso esasperato a lavori pubblici e grandi opere. Alle spalle dell’ex Ministro c’è una macchina organizzativa che viaggia, rispetto al contesto cittadino, al triplo della velocità, preparata, professionale, scaltra, fedele. Un confronto impietoso con una politica locale che, mai come in questa campagna elettorale, è apparsa impreparata, improvvisata, disunita. E non è solo questione di soldi, ma di cultura. La politica, a Imperia, manca di professionalità. Per qualcuno è un gioco, un passatempo, un hobby. E non una cosa seria, strumento democratico per eccellenza, che regola e incide sulla vita della comunità.

L’impressione, vivendo da cronisti, tra la gente, la campagna elettorale, è che la cittadinanza stia nuovamente maturando quel sentimento di timore reverenziale verso Claudio Scajola. Dopotutto, Imperia è un paesone e “U Ministru” è meglio “tenerselo buono, che non si sa mai”. Una sudditanza psicologica amplificata dall’affaire Fratelli d’Italia, con la chiamata galeotta a Ignazio La Russa, dal ritorno della scorta, dalla magnificenza della campagna elettorale e dalle carte dell’inchiesta tangenti, che hanno ingenerato ancora di più tra la gente comune l’impressione che Scajola abbia un potere decisionale illimitato. 

Ma la vittoria inappellabile non è solo farina del sacco dell’ex Ministro. L’ampio consenso raggiunto da Scajola è frutto, contestualmente, di un’opposizione sempre meno credibile e rimasta silente (volontariamente?) per cinque anni, dentro e fuori il Palazzo Comunale. Se Scajola rappresenta la guida del centrodestra, nel centrosinistra il ruolo di condottiero spetterebbe al Partito Democratico che, al contrario, è costretto, per l’ennesima volta, a recitare la parte del grande sconfitto. 

Dopo l’imbarazzante tira e molla sulla scelta del candidato Sindaco, poi ricaduta su Ivan Bracco, il Partito Democratico ha condotto una campagna elettorale a fari spenti. L’impressione è che i vertici del partito non abbiano mai creduto realmente nella candidatura del Commissario della Polizia Postale, a cui non va rimproverato il grande impegno (testimoniato dal buon risultato della sua lista “Imperia Rinasce” alla prima apparizione politica), ma che a sua volta, lasciato solo, si è rivelato politicamente troppo inesperto per poter condurre una campagna elettorale degna di tale nome. Emblematico il commento post voto, con Bracco che, davanti alle telecamere, in una sede del Pd semideserta, invece di ammettere la sconfitta, pur di fronte ai 40 punti di distacco, ha definito ‘risicata’ la vittoria di Claudio Scajola. Uno scivolone, il primo della sua nuova avventura da consigliere di opposizione.

L’assenza, pressoché totale, dei grandi elettori del Pd (da Giovanni Barbagallo a Fulvio Vassallo) si è fatta sentire, sia in termini di esperienza, in campagna elettorale, sia in termini di consenso. Esemplificativo dello stato disastroso del Partito Democratico, a Imperia, l’esito del voto di lista. I candidati più votati sono risultati Edoardo Verda e Deborah Bellotti, proprio quelli che il Pd avrebbe voluto escludere dalle proprie liste, mentre il segretario cittadino, quel Massimiliano Cammarata incappato nella gaffe di pubblicare sui social, a pochi giorni dal voto, il facsimile di una scheda elettorale con voto disgiunto a Claudio Scajola, è riuscito a racimolare appena 79 voti. 

Gli elettori del centrosinistra hanno dimostrato di voler premiare la coerenza di chi ha il coraggio di sostenere le proprie idee senza cercare sempre il compromesso. Ne è un esempio Lucio Sardi.

Per quanto concerne gli altri tre candidati, due dei quali hanno ottenuto un risultato comunque onorevole conquistando due seggi in consiglio comunale alla loro prima esperienza, a Luciano Zarbano, così come a Bracco, non si può rimproverare l’impegno. Il Colonnello dei Carabinieri, però, ha bisogno di fare esperienza e di migliorare in una dialettica apparsa ancora impacciata. Lauretti, dal canto suo, ha condotto una campagna elettorale molto blanda, completando la propria lista con candidati lontani anni luce dal proprio credo politico. L’impressione è che abbia cercato di trasmettere un’idea di politica troppo complessa, astratta, lontana dai bisogni reali della cittadinanza. Stefano Semeria ha approcciato alla campagna elettorale come a uno stage estivo. La politica è un’altra cosa e forse anche per questo è rimasto fuori dal consiglio comunale.

Due parole infine sul dato dell’affluenza. Come da copione ogni candidato ha tentato di tirare l’acqua al suo mulino. Il dato di fatto è che se quasi la metà degli imperiesi ha deciso di non andare a votare abbiamo un bel problema. Negarlo è inutile oltre che controproducente.

Buon lavoro a tutti. 

 

 

 

 

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