3 Maggio 2024 09:46

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3 Maggio 2024 09:46

Imperia: consiglio comunale, in aula la crisi politica e culturale di una città rassegnata/L’editoriale

In breve: La pochezza del consiglio comunale andato in scena ieri sera è stata disarmante.

Il Consiglio comunale è stato ancora una volta lo specchio di Imperia, la sintesi perfetta della crisi politica, culturale, di coscienza, di una città rassegnata che conserva solo geograficamente lo status di capoluogo. Imperia è un paesone di provincia e continuerà ad esserlo sino a che non smetterà di giustificare, goffamente, in nome del “fare”, dei finanziamenti, delle opere pubbliche, comportamenti inqualificabili della propria classe dirigente, e non sarà in grado di ricostruire una classe politica adeguata. 

La pochezza del consiglio comunale andato in scena ieri sera è stata disarmante. Da una parte una minoranza (a parte alcune eccezioni) che, oltre a essersi nuovamente spaccata (ci torneremo più avanti), non è riuscita a dare un’impronta politica alla discussione, straparlando delle vicissitudini giudiziarie del primo cittadino, dei suoi insuccessi politici romani, dei suoi rapporti con Matacena, prestando il fianco a una maggioranza che, imboccata da un vecchio volpone della politica quale è l’ex Ministro, non aspettava altro per mettere in scena un teatrino davvero squalificante, con continui riferimenti all’inchiesta porto turistico condotta, all’epoca, dall’attuale consigliere di opposizione Ivan Bracco. A tal riguardo, a prescindere dalla bontà o meno delle indagini, continuare ad attribuire il fallimento dell’operazione porto all’inchiesta giudiziaria è esemplificativo di una prostituzione intellettuale che sta diventando il cancro di questa città. Perché già che ci siamo non diamo le responsabilità, politiche e non, di quello che è accaduto al messo comunale? E’ il messo, venuto in autobus in Comune, con il pranzo al sacco, che ha consegnato il porto in mano a Caltagirone e poi si è messo una benda sugli occhi lasciando al privato la libertà di banchettare con il nostro frontemare?

Tornando al consiglio comunale di ieri sera, come si può sostenere che non vi siano implicazioni politiche in un Sindaco che chiama un Comandante della Polizia Locale e gli chiede di interrompere un sopralluogo di polizia giudiziaria di cui si riferisce l’esito alla Procura della Repubblica? E’ il fatto in se il problema, ammesso per altro anche dal Sindaco, ed è chiaramente meritevole di un approfondimento politico visto che concerne esclusivamente l’attività amministrativa del primo cittadino. Lo sarebbe in qualunque città italiana. E questo a prescindere dai risvolti giudiziari, che seguono un iter diverso, diretto a stabilire se si tratti di un reato o meno.

Il Sindaco, dal canto suo, si è giustificato sostenendo che il Comandante Bergaminelli non c’era nei giorni festivi e pre festivi, che non sapeva chi fosse Maiolino, che non sapeva dove fosse la rotonda di Viale Matteotti, quale fosse la ciclabile. E allora? Questo autorizza un Sindaco a tentare di interrompere un sopralluogo di polizia giudiziaria che nulla ha a che vedere con il Comandante visto che è la Procura, e non il Comandante, a decidere se vi sia o meno un reato? Anche chi legge Topolino o il Corriere dei Piccoli lo capirebbe.

Scajola ha citato l’art. 50 del Tuel, comma 2: ‘Il Sindaco sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti’ per giustificare alcune sue invasioni nei campi dirigenziali. Ma è fin troppo evidente che il Tuel conferisce al Sindaco il potere di dare mandato alla Polizia Locale di effettuare controlli, ma non di decidere chi multare o non multare, a un dirigente di indire un concorso pubblico, ma non di indicare quali dipendenti assumere, a un dirigente di espletare una gara d’appalto, ma non di indicare quali ditte invitare. Questo perché la pubblica amministrazione deve mantenere la propria indipendenza, principio garantito dall’art. 97 della Costituzione, che recita ‘I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. Pare chiaro no?

Una battuta sulla minoranza ‘dissidente’. Per fare opposizione bisogna talvolta sporcarsi le mani, affrontando argomenti spinosi, scivolosi. Troppo facile buttare sempre la palla in tribuna al grido ‘ci pensa la Magistratura’. C’è chi vuole l’etichetta di oppositore, indossando i panni del democristiano. Un problema che non riguarda solo Imperia e che l’Italia si porta dietro da anni, schiava di una classe politica che non ha più le palle di metterci la faccia quando c’è il rischio di perderla.

Tra i consiglieri di maggioranza c’è chi ha definito l’indagine sul Sindaco una ‘bagatella di poco conto‘, minimizzando ancora una volta comportamenti che ingenerano nei cittadini la convinzione, malata, malsana, antidemocratica, che le proprie sorti, anche quelle private, personali, dipendano dal Sindaco, dall’amministrazione comunale. Inutile, poi, gridare allo scandalo quando il Procuratore della Repubblica parla del proliferare del voto di scambio, del favore personale, se come prima cosa non si condannano comportamenti che sollevano sospetti. 

Lo abbiamo scritto più volte dalle colonne del nostro giornale. Difendere il Sindaco Scajola a spada tratta anche quando quest’ultimo ha palesemente sbagliato nei modi, nei toni e negli atteggiamenti, è controproducente per lo stesso Sindaco, per chi gli sta accanto e per l’intera città. L’Europa, che ci sta riempiendo di soldi e che spesso il primo cittadino e la maggioranza citano come modello di democrazia, non perdonerebbe atteggiamenti di questa natura da parte di un pubblico amministratore. Potete starne certi. In Europa, per molto meno, si torna a casa”.

Mattia Mangraviti

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