10 Maggio 2024 06:06

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10 Maggio 2024 06:06

Imperia: ‘ndrangheta, le minacce ai concorrenti per mantenere il monopolio dello spaccio nel Golfo dianese. “I calabresi hanno perso la pazienza”

In breve: Il "metodo mafioso" applicato anche per difendere il territorio dalla presenza di spacciatori stranieri al di fuori del loro giro

L’organizzazione criminale smantellata dalle indagini culminate con la maxi operazione della Guardia di finanza, non soltanto impiegava il “metodo mafioso”, con minacce, sequestri di persona e pestaggi nei confronti dei debitori, ma impiegava metodi simili anche per difendere il proprio territorio di spaccio della droga dalla “concorrenza”.

Il “metodo mafioso” applicato anche per difendere il territorio dalla presenza di spacciatori stranieri al di fuori del loro giro

Non a caso, nell’ordinanza che ha portato agli arresti dei presunti responsabili, si fa riferimento all’articolo 416 bis del Codice Penale, quello riservato alle organizzazioni mafiose, anche citando alcuni episodi di intimidazione che l’organizzazione metteva in atto nei confronti di spacciatori stranieri che erano in altri giri e che non si rifornivano da loro.

L’organizzazione, come scrive il Gip, agisce “cercando di affermare e affermando il proprio monopolio nell’area del dianese dove gestisce lo spaccio avvalendosi di una numericamente cospicua rete di venditori, anche grazie alle minacce e all’evocazione del nome della famiglia De Marte – Gioffrè, che, per reputazione criminale acquisita, le consente di affermarsi nel mercato locale degli stupefacenti, a titolo esemplificativo, in occasioni diverse:

“Metterlo in ginocchio e farlo spaventare come si deve… i calabresi hanno le palle piene”. Dalle parole, pronti a passare alla violenza, anche con le armi

temendo che il venditore di nazionalità marocchina E.H.H.e i suoi correi, tra cui un certo D.H., si appropriassero di quote di mercato controllate dal gruppo, proponendo a Ciulla Daniel, venditore dell’associazione, di lavorare per loro, Gioffrè, dopo avere fatto sapere per mezzo di un certo Jimmy a E.H.H. che gli stavano dando fastidio – “tieni lontano a quello lì perché danno fastidio a me e poi mi incazzo” – e che non dovevano invadere il loro mercato, con la scusa dell’acquisto di una dose di stupefacente, cercava senza successo di attirarlo in un luogo da cui sarebbe stato portato  (nella casa di Diano Castello), progettando di minacciarlo con un’arma – “quello è da mettercela in bocca e da metterlo in ginocchio … per farlo spaventare come si deve” – e affidava al sodale Santarpia messaggi di ritorsione nel caso in cui lo stesso o i suoi correi avessero continuato a vendere stupefacente a Diano Marina e a San Bartolomeo, dicendogli di comunicare che  “i calabresi” avevano ormai perso la pazienza, anche evocando il cognome della propria famiglia, inserita nella mappa della criminalità organizzata della provincia di Imperia nelle relazioni semestrali della DIA, “il cognome noi non lo sa cognome non dirglielo? digli “sai i calabresi”… Santarpia Vincenzo: “quello a lui.. Gioffrè Domenico: digli “i calabresi hanno le palle piene” e che, nel caso non avessero lasciato a loro il monopolio del territorio, le parole avrebbero lasciato il posto alla violenza anche ricorrendo ad armi da fuoco“.

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