8 Luglio 2025 01:35

Sigaretta elettronica e funzionalità polmonare: cosa dice l’ultimo studio CoEHAR

C’è un confine sottile tra ciò che si sa e ciò che si presume, soprattutto quando si parla di salute e abitudini sempre più diffuse. Le sigarette elettroniche (come le Elfbar ricaricabili e non i riscaldatori di tabacco), ormai parte del paesaggio urbano, non smettono di far discutere. Ma cosa accade davvero ai polmoni di chi le utilizza? A rispondere, con la calma dei numeri e dei dati verificabili, è l’ultimo lavoro del CoEHAR, centro di ricerca internazionale che si occupa di riduzione del danno.

La sintesi è semplice quanto significativa: non si rilevano modifiche sostanziali nella funzionalità respiratoria dei soggetti che utilizzano esclusivamente sigarette elettroniche. Nessun miglioramento, certo, ma nemmeno decadimenti evidenti. Un quadro stabile, che sorprende per l’assenza di anomalie laddove molti si aspettavano segni di allarme.

Non si tratta però di un punto d’arrivo. Anzi. La ricerca sottolinea la necessità di osservare il fenomeno nel lungo periodo, distinguendo con attenzione i profili dei consumatori: svapatori puri, ex fumatori, utilizzatori duali. È in queste sfumature che si gioca la partita, ed è lì che la scienza continuerà a cercare risposte, senza schierarsi, senza affrettare sentenze.

Lo studio CoEHAR: metodologia e risultati

Capire cosa accade davvero all’interno dei polmoni di chi utilizza la sigaretta elettronica richiede più di una semplice opinione. Serve metodo, pazienza, rigore. Ed è proprio su questi binari che si muove l’indagine coordinata dal CoEHAR, il Centro di Eccellenza per la Riduzione del Danno di Catania. Un gruppo di ricercatori ha preso in esame 19 studi condotti tra il 2005 e il 2022, raccolti in una revisione sistematica con l’obiettivo di valutare, al netto di tutto, se e come il “vapore” influisca sulla funzionalità respiratoria.

I numeri parlano chiaro: oltre 2.500 soggetti coinvolti, appartenenti a categorie differenti, dal fumatore che ha smesso passando all’e-cig, al neofita del vapore, fino ai dual users che combinano entrambi i consumi. E cosa è emerso? Che le misurazioni spirometriche – ovvero i test utilizzati per valutare parametri come il FEV1 (volume espiratorio forzato) – non mostrano variazioni clinicamente significative legate all’uso della sigaretta elettronica. Una stabilità che, in certi casi, ha stupito persino gli autori.

Senza ombra di dubbio, il dato più interessante resta la coerenza dei risultati tra studi diversi per area geografica, durata e metodo. Un segnale forte, che non chiude il dibattito ma riporta l’attenzione sul bisogno di valutazioni di lungo periodo, soprattutto nei soggetti più giovani. E se da un lato si evita ogni sensazionalismo, dall’altro si apre la porta a un modo nuovo di osservare il fenomeno: meno ideologico, più clinico, lontano dalle semplificazioni.

Analisi dei sintomi respiratori nei non fumatori

C’è un aspetto che spesso passa in secondo piano, ma che gli studiosi del CoEHAR hanno deciso di affrontare a viso aperto: gli effetti della sigaretta elettronica nei soggetti che non hanno mai fumato prima. Un nodo spinoso, perché qui non c’è confronto con la combustione del tabacco, né possibilità di attribuire miglioramenti al semplice abbandono del fumo. Chi svapa senza un passato da fumatore rappresenta un banco di prova delicato, utile a isolare l’impatto reale dell’aerosol inalato.

Ebbene, i risultati raccolti nelle analisi disponibili non evidenziano un aumento significativo di sintomi respiratori in questi soggetti. Niente tosse cronica, niente affanno, niente cali evidenti nei test spirometrici. Una sorpresa? In parte sì, se si considera il carico di pregiudizi e paure che spesso accompagna il fenomeno.

Possiamo sicuramente affermare che il quadro attuale, per quanto ancora parziale, non supporta l’idea di un danno immediato nei polmoni di chi utilizza l’e-cig senza precedenti da fumatore. Tuttavia, resta il dubbio – legittimo, persino necessario – su cosa potrebbe emergere nel tempo, soprattutto in relazione alla frequenza d’uso, alla qualità dei dispositivi e alla composizione dei liquidi.

Critiche e limiti degli studi precedenti

Prima dello studio CoEHAR, molte delle analisi disponibili presentavano limiti metodologici evidenti: campioni troppo piccoli, assenza di follow-up a lungo termine, mancanza di una netta distinzione tra ex fumatori e svapatori puri. Una confusione che ha alimentato più dubbi che certezze.

In più di un’occasione, le conclusioni sono state influenzate da variabili difficili da controllare, come il tipo di dispositivo utilizzato, la composizione dei liquidi o la frequenza dell’uso. Non è raro, infatti, imbattersi in studi che mettono nello stesso calderone utilizzatori occasionali e consumatori abituali, generando risultati poco affidabili o comunque difficili da replicare. Eppure, è proprio su questi dettagli che si gioca la credibilità di un’intera area di ricerca.

Va detto che anche lo stesso lavoro del CoEHAR, pur più solido, non è esente da critiche. Alcuni osservatori sottolineano che l’assenza di effetti misurabili potrebbe dipendere proprio dalla brevità del periodo osservato o dalla giovane età dei soggetti coinvolti.

Oggi più che mai, si sente l’urgenza di un approccio rigoroso, continuo e trasparente. Servono studi indipendenti, di lunga durata, capaci di andare oltre il rumore di fondo e fotografare davvero quello che accade nei polmoni nel tempo. Perché, come insegna la buona scienza, è solo col passare degli anni che si distinguono le coincidenze dalle conseguenze.

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