26 Aprile 2024 05:03

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26 Aprile 2024 05:03

IMPERIA. FALSO INVALIDO A PROCESSO PER TRUFFA ALL’INAIL. “QUELL’INCIDENTE NON MI CONVINCEVA. E POI QUELLA TELEFONATA…”/LE DEPOSIZIONI

In breve: Sergio De Nicola: `Premesso che non ci fu mai traccia del presunto investitore, nessuna delle autorità, Carabinieri, Polizia, Vigili Urbani, sapeva nulla dell'incidente, il che mi sembrò molto strano vista la dinamica dei fatti"

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Imperia. Torna in tribunale Oscar Capossela, 40enne di Sanremo, accusato dalla Procura di Imperia di essere un falso invalido.

Nel 2013 all’uomo erano stati sequestrati beni per un valore complessivo di 700 mila euro, equivalenti ai 300mila euro derivanti dal risarcimento dell’assicurazione dopo un violento incidente che lo aveva costretto sulla sedia a rotelle, e 400mila euro ricevuti dall’INAIL per via dell’alto grado di invalidità.

Proprio l’INAIL però si era accorta che qualcosa non andava e, da qui, la decisione di portare il tutto davanti alla magistratura. Dopo i primi accertamenti si è scoperto che, a quanto pare, i documenti medici erano stati modificati con piccole aggiunte che però stravolgevano completamente il quadro clinico.

Questa mattina Capossela è tornato in aula insieme a svariati testimoni che hanno cercato, con le loro dichiarazioni, di far luce sui fatti.

SERGIO DE NICOLA (COORDINATORE SERVIZIO ISPETTIVO INAIL)

“I miei compiti? Ero il coordinatore del servizio ispettivo dell’Inail di Imperia. Mi venivano assegnati dei casi, come infortuni, tecnopatie. Il mio compito era quello di raccogliere tutti gli elementi atti alla tutela o alla reiezione del caso in esame. Dal punto di vista medico io non avevo nessuna voce in capitolo. Era un amministrativo, potevo solo presentare verbali e relazioni. O eventualmente delle segnalazioni. Ad esempio, se uno sosteneva di essere cieco e io lo vedevo sciare a Monesi, era mio dovere segnalare il fatto al direttore dell’Inail che poi assumeva le decisioni che riteneva opportune”.

“Mi occupai in prima persona della pratica inerente l’infortunio in itinere relativo all’imputato Capossela. L’infortunio in itinere è un accadimento che non gode della tutela dell’Inail, a meno di casi eccezionali, come ad esempio la distanza importante dal luogo di lavoro, la mancanza del servizio di trasporto pubblico o il trasporto di strumenti di lavoro tali da far ipotizzare l’uso di un mezzo proprio. La zona in cui abitava l’imputato è periferica, ma servita da mezzi pubblici. Il problema, però, è che i mezzi erano tutti concentrati nell’orario scolastico, che non collimava con gli orari del Capossela”.

“Quando seppi di questo caso mi misi subito al lavoro. A colpirmi fu subito un aspetto. Capossela raccontò di essere stato investito da una macchina guidata da un cittadino marocchino e di essere poi stato trasportato all’Ospedale di Sanremo. Premesso che non ci fu mai traccia del presunto investitore, nessuna delle autorità, Carabinieri, Polizia, Vigili Urbani ecc…,sapeva nulla dell’incidente, il che mi sembrò molto strano vista la dinamica dei fatti. Chiesi inoltre ai residenti della zona se vi vivessero degli extracomunitari e nessuno rispose affermativamente. Insomma, avevo forti dubbi sulla dinamica del sinistro”.

“Nel corso dell’istruttoria, inoltre ricevetti una telefonata molto strana. Mi contattò in ufficio una persona che non si identificò. Disse solo che chiamava dall’Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure. Rimasi molto perplesso. Come poteva sapere che ero proprio io ad occuparmi della pratica di Capossela? Parlò in modo strano, con parole che suonavano quasi come avvertimenti. Mi inquietò parecchio. Sapeva addirittura dell’interrogatorio di Capossela all’Inail. Mi colpì sopratutto il fatto che ipotizzò un possibile caso di simulazione di invalidità. Parlò, ricordo bene, di sindrome soggettiva. Informai di tutto l’allora direttore dell’Inail Antonello Bajada”.

“Come conclusi la mia relazione? Scrissi che, per quanto di mia competenza, l’incidente poteva essere degno di tutela. Perché? Potrebbe scrissi, non era mio compito decidere. Era solo la conclusione della relazione”.

ALFONSO PELLITTERI (RESPONSABILE SANITARIO SEDE IMPERIA-SAVONA INAIL)

“L’inchiesta partì a seguito di un esposto denuncia del dott. Tommasi. Quando lo fece io ero responsabile sanitario della sede di Imperia-Savona dell’Inail. Non partecipai immediatamente alle indagini perché ero in ferie. Fui messo a conoscenza dei fatti al mio ritorno. Gli accertamenti sanitari partirono dopo il sequestro dei beni, datato febbraio 2013. Ebbi modo di accedere a tutta la documentazione, dalla quale emersero delle alterazioni che avevano indotto l’Inail in errore nell’espletamento della pratica. Iniziai ad avere dei dubbi quando notai che uno dei documenti era scritto tutto con la stampante, tranne tre dati scritti a penna. Avevamo in mano due relazioni mediche che presentavano forti contraddizioni l’una con l’altra. Decidemmo così, di comune accordi con il professor Cocito, di ricoverare il Capossela per dieci giorni circa, dal 26 agosto al 6 settembre. Lo stesso dottor Cocito rimase perplesso dalle contraddizione tra le due relazioni mediche, tanto che fece fare a Capossela tutti gli esami possibili. La relazione del professor Cocito non lasciò dubbi. Tutti gli esami diedero esito negativo. Per questo motivo decidemmo di azzerare la rendita. Provvedimento che vide l’opposizione di Capossela.

LUISELLA ZONI. ASSISTENTE SOCIALE INAIL

“Sono arrivata a Imperia nel maggio del 2009. Il mio compito è quello di interfacciarmi con persone che hanno avuto infortuni gravi per capire se vi siano o meno problemi di natura sociale. Mi venne sottoposto il caso di Capossela. Presi contatti nel giugno del 2009 e chiesi più volte l’opportunità di una visita domiciliare. Richieste a cui non fece mai seguito una risposta positiva da parte di Caposella. In un caso perché non stava bene, poi perché veniva richiesto di posticipare. Insomma, dopo vari rifiuti decisi di desistere. Conobbi il signor Capossela durante una sua visita all’Inail. Non mi sembrò che avesse alcuna intenzione di incontri di sostegno, tanto che infatti non ve ne furono”.

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