24 Aprile 2024 02:48

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24 Aprile 2024 02:48

Imperia: furbetti del cartellino, 15 dipendenti Comune Sanremo condannati. “Registri cartacei e autorizzazioni orali prassi stravaganti senza valore”/Ecco le motivazioni

In breve: La giudice Francesca Minieri ha depositato le motivazioni della sentenza di condanna di 15 dipendenti del Comune di Sanremo nell'ambito del processo per i cosiddeti “furbetti del cartellino”.

La giudice Francesca Minieri ha depositato le motivazioni della sentenza di condanna di 15 dipendenti del Comune di Sanremo nell’ambito del processo per i cosiddeti “furbetti del cartellino”, accusati di truffa ai danni dello Stato, falso e violazione della Legge sul pubblico impiego.  Secondo gli inquirenti rra costume timbrare il cartellino o farselo timbrare e poi andare a fare la spesa, sport o dedicarsi ad attività private.

Motivazioni, quelle in oggetto, molto attese dopo le assoluzioni, con la formula del rito abbreviato, in Tribunale a Imperia, poi confermate in Appello, di altri dieci dipendenti del Comune di Sanremo (qui le motivazioni).

Nel 2015, lo ricordiamo, a seguito del blitz della Guardia di Finanza in Comune a Sanremo, erano finite a processo 42 persone, di queste 16 hanno patteggiato, altre 16 hanno scelto il rito ordinari (15 condannate, una assolta) e le restanti 10, che avevano optato per il rito abbreviato.

Imperia: furbetti del cartellino a Sanremo, le motivazioni della condanna

Le telecamere

“Preliminarmente occorre affrontare la questione posta dai difensori degli imputati con riguardo all’asserita inutilizzabilità dei filmati tratti dalle telecamere installate dalla polizia giudiziaria nel corso delle indagini presso le sedi del Comune di Sanremo – scrive la giudice – Nel dettaglio, tale inutilizzabilità si fonderebbe sul fatto che le riprese avrebbero ad oggetto comportamenti non comunicativi e sarebbero state effettuate in luoghi di privata dimora.

[…] Ebbene, devesi osservare, in primis, che l’oggetto delle riprese del citato impianto di videosorveglianza, sprovviste di audio, rientra senza dubbio nella nozione di comportamenti non comunicativi in quanto afferente a meri comportamenti, non costituenti manifestazioni di volontà. Occorre, poi, evidenziare che i luoghi in cui sono state installate le telecamere sopra citate non costituiscono luogo di privata dimora, in quanto si tratta di luoghi di accesso a pubblici uffici, il cui transito non era in alcun modo inibito al pubblico e nei quali non era possibile che i dipendenti potessero sottrarsi da ingerenze esterne, indipendentemente dalla loro prevalente presenza in loco e dai comportamenti più o meno intimi da loro adottati. Pertanto, gli esiti delle riprese testé citate integrano mera documentazione dell’attività di indagine e, come tali, non necessitano di alcun provvedimento autorizzativo da parte dell’Autorità Giudiziaria, dovendosi considerare quali prove atipiche, pienamente utilizzabili ai sensi dell’art 189 c.p.p”.

Dipendenti obbligati ad attestare la propria presenza

“La settimana lavorativa era articolata su cinque giorni, con chiusura totale degli uffici nella giornata di sabato, salve le eccezioni espresse […] La giornata lavorativa prevedeva un orario standard dalle ore 7.30 alle ore 13.30, con flessibilità di un’ora, fatta eccezione per gli uffici all’interno dei quali era prevista una turnazione dei dipendenti […] Erano poi previsti due ‘rientripomeridiani, il lunedì ed il mercoledì, di tre ore ciascuno, con flessibilità dalle ore 14.00 alle ore 18.00. Con riguardo all’attestazione della presenza in servizio da parte dei dipendenti, è incontrovertibile il fatto che anche i dipendenti del comune di Sanremo avessero tale obbligo e non potessero esimersi da esso.

Per tali stringenti ragioni — oltre che per intuitivi principi di buon senso e correttezza, considerato che i dipendenti pubblici devono rendere conto del loro operato, essendo retribuiti con danaro pubblico — dovevano chiaramente essere attestati sia l’uscita per servizio che lo straordinario”.

I registri delle uscite per servizio privi di qualsiasi valore

“Per  l’attestazione potevano essere utilizzati due sistemi: la timbratura mediante macchinetta marcatempo ed il sistema ‘Infopoint‘, il quale prevedeva la necessaria previa autorizzazione del Dirigente […] Di nulla sposta la circostanza che alcuni testi abbiano dichiarato che nel Comune era prassi utilizzare i cosiddetti registri delle uscite per servizio, carte prive di qualsivoglia valore, non solo in quanto trattasi di prassi in conflitto con la legge e con le indicazioni specificamente e chiaramente fornite dallo stesso Ministero, a fare data da oltre venti anni prima rispetto ai fatti per cui si procede, oltre che con gli stessi principi del buon senso e della correttezza; ma anche perché tali registri non potevano davvero avere alcun valore, considerati l’insussistenza della presa in carico da parte dei dirigenti (non è riscontrabile alcuna vidimazione e non risulta che alcun dirigente o responsabile di servizio fosse tenutario dei registri stessi), il modo in cui erano compilati (sono ivi riscontrabili frequenti carenze, come la mancanza delle sottoscrizioni sia dei dipendenti che dei dirigenti nonché dell’indicazione degli orari e degli adempimenti svolti; oltre all’assenza dei numeri delle pagine), il fatto che non vi fossero un elenco e una numerazione dei registri stessi né, evidentemente, alcuna regolamentazione. Non ultimo, il fatto che vi fossero spesso indicate uscite per servizio per recarsi al bar.

Senza considerare che tali registri si prestavano, evidentemente, alla compilazione in ogni momento e che di essi la polizia giudiziaria non trovò alcuna traccia né ebbe alcuna notizia […] sino all’esecuzione delle misure cautelari, salvo venirne a conoscenza circa dieci giorni dopo, quando tali registri furono consegnati alla nuova Segretaria Comunale Orlando, alla quale nessun dirigente ne aveva mai parlato prima ed alla quale fu riferito nel corso di una riunione organizzata per trattare proprio il tema dell’attestazione della presenza in servizio”.

I dipendenti sapevano delle macchinette marcatempo e del sistema Infopoint

“[…] Non può poi omettersi di considerare che la circostanza che l’uso di tali carte fosse una prassi generalizzata all’interno del Comune di Sanremo, in quanto solo in pochissimi sarebbero stati a conoscenza del dovere di attestare l’uscita per servizio tramite la macchinetta marcatempo ovvero tramite il sistema ‘Infopoint’, è sconfessata.

In primis dalle dichiarazioni rese da Miconi, Orlando e Trucchi, i quali hanno riferito che a tutti i dipendenti, al momento della consegna del badge, erano fornite le relative istruzioni di utilizzo e che era stato distribuito a tutti i dipendenti anche il Codice Deontologico, che era peraltro pubblicato sul sito interna del Comune. Non può poi trarsi dal provvedimento a firma di Bergonzi (dirigente, ndr) del 4.12.2014 alcun elemento a favore della tesi asserita da alcuni difensori, secondo la quale la causalizzazione dell’uscita per servizio non potesse essere effettuata con la relativa funzione della macchinetta timbratrice, in quanto sarebbe stata introdotta in seguito. Invero, dal provvedimento citato si evince che in tale frangente fu semplicemente introdotto un ammodernamento della modalità della timbratura del badge, che doveva essere semplicemente avvicinato e non strisciato, come si evince dalla lettura del documento e dalle dichiarazioni rese dagli stessi Bergonzi ed Orlando.

[…] Dalla documentazione in atti […] si evince che i due sistemi cui si è fatto riferimento (macchinetta timbratrice e “Infopoint’) erano sicuramente conosciuti ed utilizzati dai dipendenti del Comune, tra i quali gli stessi imputati […]”.

Autorizzazioni orali prassi stravagante senza nessun valore

“A maggior ragione ancora minor valore potevano ovviamente avere le cosiddette ‘autorizzazioni orali‘, altra stravagante prassi che secondo alcuni testi sarebbe stata in vigore presso il Comune di Sanremo, ma del tutto in contrasto, pur se asseritamente generalizzata, sia con le disposizioni di legge e le circolari , che con la stessa circolare ‘Infopoint‘ e, ancora una volta, con i principi del buon senso e della correttezza. Guarda caso tali asserzioni provengono da persone che avevano tutto l’interesse a mentire, in quanto imputati nel medesimo processo, indagati in procedimento connesso ovvero assoggettati a procedimento disciplinare e/o a procedura contabile innanzi alla Corte dei Conti per le loro condotte.

Sul punto, devesi evidenziare che, alla luce di tutto quanto sopra esposto, l‘autorizzazione orale doveva, e non poteva che essere, alla luce di tutte le valutazioni sopra svolte, riguardare solo casi eccezionali, in quanto connotati da assoluta urgenza, tale da non consentire un’autorizzazione preventiva ed essendo comunque necessaria una formale autorizzazione immediatamente susseguente. Devesi, poi, osservare che il sistemaInfopointpoteva essere utilizzato anche per la cosiddetta ‘omessa timbratura’, fattispecie consistente nell’attestazione della presenza in servizio tramite ‘Infopoint’, ammessa solo in eccezionali casi di dimenticanza od indisponibilità del badge, per perdita o mancato funzionamento di esso; tale procedura non poteva invece essere utilizzata per le ipotesi di accesso ad uffici esterni al Comune ed alle sue sedi distaccate per ragioni di servizio e per quelle di ‘trasferta’ al di fuori del Comune di Sanremo”.

Registri cartacei malcostume diffuso difficile da estirpare

“Orlando quando emanò l’Atto di organizzazione, aveva di recente scoperto l’esistenza della sconcertante prassi dei registri cartacei […] tali registri erano stati riportati in auge anche a seguito dell’esecuzione delle misure e dei sequestri operati dalla Guardia di Finanza, segno patente di un malcostume diffuso (ma, non per questo, meno grave) e difficile da estirpare. La circostanza che si trattasse di un malcostume diffuso e resistente è dimostrata dal fatto che Bergonzi, sin dal 2011, dovette anch’egli redigere un provvedimento scritto per tentare di arginare i diffusi e ripetitivi comportamenti scorretti e contra legem dei dipendenti del Comune”.

Dati informatici estratti senza valore

“[…] L’istruttoria dibattimentale ha consentito di acclarare innanzitutto che il sistema informatico del Comune di Sanremo era di tipo client-server, con conseguente dialogo tra i singoli calcolatori ed il server, naturalmente tale dialogo, come noto, poteva avvenire anche in modo automatico. Numerosi imputati […] hanno prodotto i dati informatici che sarebbero stati estratti dagli appartenenti al Centro elaborazione dati del Comune di Sanremo. Sul punto devesi osservare che, in primis non è dato sapere come siano stati estratti tali dati informatici, non potendosi, dunque, formulare alcun giudizio in ordine all’integrità, alla non ripudiabilità e, soprattutto, alla genuinità di essi.

[…]L’operazione di estrazione è stata effettuata in assenza di contraddittorio tra le parti e, in terzis, l’estrazione dei dati, lungi dall’essere stata effettuata da soggetti terzi ed imparziali, risulterebbe essere stata operata da […] indagati in procedimento connesso, oltre che colleghi degli imputati; inoltre, gli stessi consulenti di parte […] si sono tra loro contraddetti circa la validità di tali dati […] Alla luce di tutti i fatti e di tutte le valutazioni sopra esposte non può che escludersi la possibilità di attribuire qualche valore ai dati informatici prodotti”.

Non c’è il reato di falso in atto pubblico

“[…]La Suprema Corte, anche nella sua massima composizione, è intervenuta a chiarire che i cartellini marcatempo e i fogli presenze dei dipendenti pubblici non sono atti pubblici, in quanto la loro funzione è esclusivamente quella di consentire al dipendente di attestare la propria presenza in servizio; esaurendo in ciò i loro effetti, tali documenti non involgono manifestazioni dichiarative, attestative o di volontà riferibili alla Pubblica Amministrazione […] Ne consegue che gli imputati debbono essere tutti assolti con riguardo ai delitti di cui all’art 479 c.p. loro rispettivamente ascritti perché i fatti non sussistono”.

L’attendibilità del Brigadiere Capo della Guardia di Finanza Alfredino Croesi.

“[…] Il Brigadiere Capo della Guardia di Finanza Croesi ha reso costantemente dichiarazioni precise, ben orientate nello spazio e nel tempo e razionalmente credibili; il teste ha descritto con dovizia di particolari e massima onestà intellettuale i fatti ai quali ha assistito nel corso delle indagini e le sue dichiarazioni sono risultate costanti ed immuni da contraddizioni.

Inoltre, Croesi è apparso quale persona lucida e preparata e si è dimostrato sempre libero da qualsiasi sentimento di astio o animosità nei confronti degli imputati, mostrandosi sempre sereno e pacato nell’esposizione dei fatti. Per di più, in tutte le udienze in cui è stato escusso ha chiaramente evidenziato le circostanze a favore degli imputati. Peraltro, le dichiarazioni rese dal teste Croesi si fondavano su quanto da lui effettivamente constatato ed erano spesso supportate dai documenti prodotti. Ne consegue che sussistono tutti i presupposti per riconoscere piena affidabilità dichiarativa al racconto offerto da Croesi”.

Minieri-Luppi, due valutazioni opposte

L’esito opposto, presso lo stesso Tribunale, dei due giudizi (assoluzione per il Gup Paolo Luppi e condanna per la giudice Francesca Minieri) è da ricercarsi, in particolare, nella diversa valutazione sulla validità del sistema infopoint, dei registri cartacei e delle autorizzazioni orali.

Le condanne

Giuseppe Terracciano (ex dirigente) 3 anni e 2 mesi, 2.570 euro di multa; Antonella Rossi (collaboratrice) 8 mesi e 400 euro di multa; Miriam Marangoni 8 mesi e 360 euro di multa; Mimo Franza 1 anno e 4 mesi, 950 euro di multa; Mirco Norberti 1 anno e 8 mesi, 820 euro di multa; Fiorella Cavalca 1 anno e 3 mesi e 900 euro di multa; Tatiana Garibbo 1 anno e 1 mese, 590 euro, Francesco Astolfi 1 anno e 8 mesi, 1.520 euro di multa; Agatino Longhitano (impiegato) 1 anno e 2 mesi, 600 euro di multa; Antonio Rao (terminalista) 1 anno e 2 mesi, 620 euro di multa; Mario Adami (operaio) 1 anno e 3 mesi, 760 euro di multa; Marco Checchi (operaio) 3 anni e 7 mesi, 5.690 euro di multa; e Roberto Pangallo (geometra), 2 anni e 10 mesi, 3690 euro di multa. Rita Torre assolta per la particolare tenuità del fatto.

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