28 Aprile 2024 06:14

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28 Aprile 2024 06:14

Imperia: consiglio comunale sul caso Scajola-Begaminelli. Le considerazioni di Gabrielli (Rifondazione Comunista). “Ha evidenziato la mancanza di ‘intelligenza’ politica da parte di chi avrebbe il dovere di metterla in campo”

In breve: Alberto Gabrielli, membro del Partito della Rifondazione Comunista di Imperia, interviene con una nota stampa, per esprimere apprezzamento al nostro editoriale e fornire alcune considerazioni sulla seduta dell'ultimo Consiglio Comunale. 

Alberto Gabrielli, membro del Partito della Rifondazione Comunista di Imperia, interviene con una nota stampa, per esprimere apprezzamento al nostro editoriale e fornire alcune considerazioni sulla seduta dell’ultimo Consiglio Comunale. 

Consiglio Comunale: le considerazioni di Alberto Gabrielli

L’editoriale di ieri a firma di Mattia Mangraviti dedicato al Consiglio Comunale di Imperia, coraggioso e pieno di passione civica, Gli fa onore. Non tanto per una certa temerarietà nei confronti di persone che un po’ di potere di condizionamento ce l’hanno, ma per il nobile desiderio di rimettere la palla al centro in questa città. E ricominciare la partita. Una partita che ha preso una bruttissima piega una ventina di anni fa quando, (forse un messo comunale?) affidava “…per 55 anni ad una società per azioni 450.000 e rotti metri quadrati della nostra città e del nostro mare”… come denunciava Pasquale Indulgenza mai abbastanza rimpianto da questa città ingrata.

Non fu tanto (o solo) l’“affaire” del porto più grande del mediterraneo, con i suoi 1368 posti barca 112 appartamenti da vendere come seconde case ai possessori delle barche, 4.800 metri quadrati di cantieri, 7.000 mq di servizi commerciali ed artigianali come la propaganda si affannava a declamare, quanto la scelta di cancellare la storia ed il vero valore di Imperia che consiste(va) in una triplice funzione produttiva (agricoltura di nicchia ma di pregio, attività industriale agroalimentare legata al territorio e accoglienza turistica invidiabile) bilanciata e intimamente connessa, e che trovava nei suoi due porti commerciali la necessaria connessione al mondo.

E supportata da una storia che fra altri nobili avvenimenti, ha consacrata la Provincia di cui è Capoluogo con la medaglia d’oro per la Resistenza al nazifascismo ed ha prodotto due premi Nobel. La separazione fra Oneglia e Porto, istituzionalmente – ma non socialmente ed urbanisticamente – superata nel 1923 conservava una “terra di nessuno” fra le due realtà – Sabauda (Oneglia) e Genovese Porto Maurizio) – che reclamava una vivificazione ed una ricucitura.

Pertanto l’idea di concentrare – modernizzandole – le attività commerciali intorno al solo porto di Oneglia e ampliare le attività turistiche di porto Maurizio fino al torrente Impero con cantieristica e servizi marittimi ed un Parco Urbano Mediterraneo (a forza e coraggiosamente ottenuto, al posto di un demenziale campo da Golf, da una opposizione consapevole del suo ruolo Politico), poteva avere un senso se non avesse contenuto in sé la pervicace volontà politica ed economica di annientare il sistema produttivo industriale, con il suo fastidioso corredo di classe operaia, a favore di un tutto-turismo spacciato per magnifica sorte e progressiva per la città, ma di fatto immaginato e perseguito come efficace contenitore speculativo a danno del territorio e della città.

Il mancato (come prevedibile) rispetto dell’obbligo della contemporaneità del trasferimento delle attività commerciali e produttive da Porto ad Oneglia, con l’abusivo sradicamento delle rotaie delle gru di calata Cuneo e la demolizione dei silos oleari, l’abbandono ad un destino prefigurato dell’ Agnesi, la surrettizia destinazione di gran parte di Calata Cuneo al parcheggio improduttivo di mega-yacht come sedicente attività commerciale (charter), fino alla distruzione dei simboli del lavoro (Ferriere) da sostituire con l’ ennesimo centro commerciale a sancire la morte delle piccole attività commerciali di prossimità e di qualità, mostrò – e mostra -, a chi voleva vedere, che il re era nudo, che cioè il progetto speculativo non prevedeva superstiti. Bene.

Di tutto questo non si parla più, ed in questo senso il Direttore ha perfettamente ragione a deplorare una crisi politica, culturale, di coscienza, di una città, rassegnata e chiusa nella scelta stoltamente egoistica del “si salvi chi può”, per accaparrare le poche briciole velenose che cadono dalla tavola imbandita della speculazione.

Non se ne parla più perché molte delle migliori menti di questa città hanno sposato il modello mondiale del profitto di pochi sulla testa di tutti – quel modello che programma cinicamente guerre divoratrici di umanità e di risorse collettive e che sta ipotecando la nostra vita sul Pianeta – e finge di opporsi agitando elementi a-Politici, come le querelle sulla magistratura, le gravi scorrettezze formali, la impudenza di atteggiamenti protervi ed indifferenti al bene collettivo, la dubbia qualità di alcuni interventi urbani: tutti elementi la cui scomparsa dovrebbe essere il minimo sindacale di una amministrazione, ma che rappresentano “trappoloni” astutamente dispersi per neutralizzare la possibilità di fare opposizione seria, cioè di proporre scelte urbanistiche, economiche e produttive che traguardino obiettivi strategici di interesse collettivo.

Nel frattempo chi fa politica sul serio procede sulla strada della speculazione non solo a spese del territorio, ma anche dei servizi di cittadinanza come trasporti pubblici e sanità che annienta con lucida progressività a favore del tutto privato, cui i sudditi si adeguano; almeno quelli che hanno il privilegio di averne la possibilità. Insomma, come ben precisato nell’editoriale, la pochezza del consiglio comunale andato in scena ieri sera è stata disarmante, ma, aggiungo io, ha soprattutto evidenziato la mancanza di “intelligenza” politica da parte di chi avrebbe istituzionalmente il dovere di svilupparla e metterla in campo.

Eppure in questa città che ha disertato le urne (come e per gli stessi motivi del livello nazionale) resistono intelligenze che tutto questo traguardano e ricordano. Il sottoscritto è membro della segreteria provinciale di Rifondazione Comunista, cioè di un partito che contro le derive annunciate di questa città si è speso, mi pare con lucidità, in questi decenni, a partire da quel convegno “Il diritto alla città” svoltosi il 30 novembre ed il 1 dicembre del 2002 al Centro Culturale Polivalente di Porto Maurizio, allora agibile, dal titolo inequivocabile “Il diritto alla Città” che tutto questo indicava suggerendone le vie di uscita, possibili e doverose.

La Città – come il Paese ed il Pianeta – di questo ha bisogno: di scelte che senza infingimenti e tatticismi combattano il modello di un mercato che tutto è fuorché libero, avendo come fine supremo l’accumulazione ed il profitto. Al di fuori di una scelta radicale in questo senso, sicuramente difficile, le nuove generazioni potranno continuare a riempire dei cahiers de doléances, come lamentose quanto inutili testimonianze del potere del Re”.

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