16 Maggio 2024 08:54

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16 Maggio 2024 08:54

Cold case svedese: si apre a Imperia il processo a Salvatore Aldobrandi, accusato di aver ucciso una 21enne nel 1995. In aula l’imputato e la famiglia della vittima / Le immagini

In breve: Il cold case svedese approda in Tribunale a Imperia.

Si è aperto questa mattina in Tribunale a Imperia, dinnanzi alla Corte d’Assise composta dalla giuria popolare e dai giudici Carlo Alberto Indellicati ed Eleonora Billeri, con il deposito della lista testi (una quarantina circa, alcuni dei quali provenienti dalla Svezia), la contestazione aggiuntiva, da parte dell’accusa, della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, e la calendarizzazione delle udienze, il processo legato al “cold case” svedese che vede sul banco degli imputati Salvatore Aldobrandi, 73enne, originario di Cosenza ma da anni residente a Sanremo, difeso dall’avvocato Andrea Rovere, arrestato lo scorso giugno per l’omicidio della 21enne Sargonia Dankha (all’epoca compagna di Aldobrandi), scomparsa nel 1995 a Linköping, città della Svezia a 200 chilometri a sud di Stoccolma.

La prima udienza si terrà il prossimo 8 novembre con l’audizione delle parti offese, la mamma e il fratello di Sargonia Dankha. Per l’occasione il Tribunale nominerà una traduttrice italiano-svedese.

Cold case svedese: la ricostruzione della vicenda

Salvatore Aldobrandi nel 1995 aveva una relazione con Sargonia Dankha, all’epoca 21enne, di origini irachene, ma naturalizzata svedese, più giovane di lui di 24 anni. Entrambi all’epoca vivevano in Svezia, dove Aldobrandi aveva un ristorante.

Quando la ragazza scomparve all’improvviso nel novembre del 1995, la polizia svedese avviò delle indagini e giunse ad arrestare Aldobrandi, che aveva anche precedenti per violenza sessuale e maltrattamenti, accusandolo di aver ucciso la giovane e averne poi smembrato il corpo per bruciarlo all’interno del suo ristorante e farne sparire ogni traccia.

Il cadavere della ragazza non fu mai trovato e per la legge svedese, senza un cadavere o dei testimoni diretti, non si può procedere per omicidio. E fu così che Salvatore Aldobrandi fu scarcerato. Poi tornò in Italia e si ricostruì una vita, facendo il ristoratore a Sanremo.

Il caso riaperto dalla Procura di Imperia

genitori della vittima non si sono mai arresi e, dopo numerosi tentativi di ottenere giustizia per Sargonia, sono giunti, un anno fa, allo studio legale Morri – Rossetti di Milano. L’avvocato Francesco Rubino ha pazientemente raccolto il materiale giudiziario disponibile e dopo aver individuato, anche con l’impiego di investigatori privati, l’Aldobrandi in quel di Sanremo, ha inviato una minuziosa relazione al Procuratore Capo della Repubblica di Imperia Alberto Lari, che, insieme ai sostituti Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi, ha riaperto l’inchiesta, questa volta in Italia.

Le prove indiziarie raccolte in Svezia, fra cui tracce di sangue e di capelli della vittima, trovate in un’auto di proprietà di una persona vicina a Salvatore Aldobrandi, sono state raccolte insieme al fascicolo dagli investigatori imperiesi, andati appositamente in missione in Svezia, con l’autorizzazione del ministero della Giustizia.

A quel punto, la Procura ottiene dal Gip un ordine di cattura per Aldobrandi, che viene così arrestato e rinchiuso nel carcere di Sanremo. Ad assisterlo è l’avvocato Andrea Rovere, sanrermese, ma del Foro di Genova.

PM Matteo Gobbi

“Chiedo di aggiungere al fascicolo del dibattimento alcuni atti non inseriti nel fascicolo stesso. Si impone una premessa di natura metodologica. Il processo si è incardinato per verificare la responsabilità penale di Aldobrandi per fatti commessi all’estero. Esistono norme che autorizzano lo Stato Italiano a procedere se ci sono stati i presupposti, è necessaria l’autorizzazione del Ministro della Giustizia. È un processo complesso perché si fonda su prove formate all’estero. Attraverso i canali istituzionali, questo ufficio, dopo aver ricevuto l’autorizzazione del Ministro, si è interfacciato con le autorità svedesi. È stato utilizzato un particolare strumento, l’ordine europeo di indagine, uno strumento di cooperazione internazionale di indagine per far formare prove all’estero (ad esempio tramite perquisizione) ma anche per acquisire prove già formate.

Produco una cartellina dei singoli atti, con l‘autorizzazione del Ministro (scambio informativo e ordine indagine europeo), il certificato del casellario Aldobrandi, contenente sentenze passate in giudicato relative ad Aldobrandi, tabulati telefonici, verbali di perquisizione e sequestro, formati all’estero. L’attività dell’ufficio ha permesso di acquisire altri documenti nel procedimento italiano, in particolare la sentenza del Tribunale dei minorenni di Genova del 2009, per via di condotte non da buon cittadino verso i figli minori dell’epoca”.

Avvocato difesa Andrea Rovere

“Non vi sono obiezioni, ma non prestiamo acquiescenza nè consenso ad atti diversi da quelli contenuti nel fascicolo del pubblico ministero e compiuti all’estero“.

La Corte d’Assise ha acquisito i nuovi atti del fascicolo e ha dichiarato aperto il dibattimento.

PM Marrali

“Abbiamo depositato la lista testi, un elenco cospicuo basato su due grandi temi. Una serie di testimoni che riferiranno sul rapporto tra l’imputato e la vittima. Un rapporto complesso e burrascoso, caratterizzato dalle prepotenze e dalle angherie di Aldobrandi, in particolare saranno madre, fratello e amici. Poi, una serie di soggetti che hanno condotto le indagini, ufficiali di polizia giudiziaria che ci racconteranno come si sono svolte le indagini, i risultati a cui sono arrivati.

C’è una parte di indagine condotta in Italia e affidata alla polizia scientifica di Genova. Personale estremamente specializzato che partecipa a indagini di altissimo profilo. Sono state effettuate analisi su reperti e macchie di sangue trovate nell’abitazione di Aldobrandi.

Facciamo una riserva di produrre documenti di volta volta per meglio comprendere il quadro accusatorio. Chiediamo anche l’esame dell’imputato”.

Avvocato Francesco Rubino, parte civile

“Abbiamo depositato la lista testimoniale. Presento le considerazioni dell’accusa in merito alla preminenza dei nomi indicati nella lista. Indichiamo anche un perito del laboratorio che fece le analisi all’epoca e poi una psicologa e psicoterapeuta in relazione all’aggravante dei motivi abietti, ed un motivo di prova in questo procedimento. Chiedo anche l’esame dell’imputato”.

Avvocato Andrea Rovere, difesa

“Ho depositato una lista testi. Va bene l’esame dell’imputato, ma ritengo non ammissibile la psicologa come teste. Riservo una produzione documentale all’evenienza”.

La Corte d’Assise ha ammesso tutti i mezzi di prova. È stata accolta l’integrazione del capo di imputazione con recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, con l’acquisizione anche delle sentenze straniere.

La Corte ha disposto il rinvio al prossimo 8 novembre alle ore 9.30 per l’audizione dei testimoni, in particolare la madre e il fratello della vittima.

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