2 Maggio 2024 13:17

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2 Maggio 2024 13:17

Imperia: la riflessione della segreteria di Imperia Rinasce sulle modifiche alla Costituzione. “Ogni ipotesi di cambiamento rappresenta un rischio per gli italiani di perdere diritti”

In breve: Per Imperia Rinasce, "il Premierato è stato sapientemente dalla nostra Costituzione  proprio per garantire la democrazia"

La segreteria di Imperia Rinasce, guidata dall’avvocato Marco Valcado, ha espresso una riflessione sulle modifiche alla Costituzione, con particolare riferimento all’ipotesi del Governo di giungere all’elezione diretta del Presidente del Consiglio, il cosiddetto “Premierato”.

Per Imperia Rinasce, “il Premierato è stato sapientemente dalla nostra Costituzione  proprio per garantire la democrazia”

Scrive la segreteria di Imperia Rinasce: “Entrata in vigore il primo gennaio del 1948, la Costituzione Italiana è un meccanismo perfetto che difende la democrazia del nostro Paese da ogni tentativo di accentramento del potere. È studiata proprio per garantire la divisione dei poteri e ogni ipotesi di cambiamento rappresenta un rischio concreto per gli italiani di perdere quei diritti conquistati a caro prezzo.

Da alcune settimane la maggioranza parla di cambiare la Costituzione in modo decisamente allarmante, spingendo per l’elezione diretta del Capo del Governo e la limitazione dei poteri del Presidente della Repubblica, cambiamenti che avrebbero gravi conseguenze per il Paese. Il Premierato, ad esempio, è stato evitato sapientemente dalla nostra Costituzione proprio per garantire la democrazia.

Attualmente il Presidente della Repubblica sceglie il Capo del Governo tra i partiti che hanno ottenuto più voti e possono garantire stabilità al paese. Con l’elezione diretta del Capo del Governo gli italiani che vanno alle urne eleggono il proprio capo. Alle ultime elezioni ha votato il 63% degli aventi diritto. Se ci fosse stato il Premierato il 31,5% degli italiani avrebbe imposto a tutto il paese il Premier.

Attualmente se una coalizione non è in grado di governare un Paese cade e chiunque goda di credibilità in Parlamento e di numeri sostanziosi, può ricevere l’incarico dal Capo dello Stato di formare un nuovo Governo. Ma questo alla maggioranza non piace. E, in nome della stabilità, propone di eleggere il nuovo Capo del Governo sempre all’interno di quella coalizione che non è stata in grado di governare. In questo modo la maggioranza blinderebbe la possibilità di avvicendare le forze politiche come la democrazia e la Costituzione permettono, assicurandosi la possibilità di governare per tutto il mandato elettorale che dura 5 anni e, si sa, in 5 anni tante cose possono cambiare.

Il Presidente della Repubblica è il garante per eccellenza della Costituzione, quindi la maggioranza pensa sia meglio limitare il suo potere eliminando la possibilità di sciogliere le Camere o anche solo una di esse o, ad esempio, togliendo i Senatori a vita scelti dal Presidente tra le persone che si sono contraddistinte particolarmente per il bene del Paese, come la Segre per citarne solo uno.

La nostra Costituzione prevede anche che una legge per essere approvata debba essere votata da entrambe le Camere del Parlamento ma questo spesso non avviene nemmeno ora che la nostra Costituzione è integra. Il Governo della Meloni infatti ha fatto finora un uso smodato dello strumento dei Decreti legge (39 in 11 mesi) che, per chi non lo sapesse, sono quell’escamotage che permette a una maggioranza di far passare una legge senza sottoporla al vaglio del Parlamento. In questo modo il Parlamento, che è l’organo che deve legiferare, viene escluso da leggi e accordi internazionali come quello che permetterebbe di esportare migranti in Albania, come fossero forme di parmigiano e non vite umane.

Nel nostro Paese sono in atto piccoli cambiamenti a cui gli italiani, spaventati dalla situazione internazionale e alle prese con il carovita, rischiano di non dare il giusto valore. Ma proprio i momenti instabili come quello che stiamo vivendo si sono dimostrati storicamente i più insidiosi per la democrazia.

Nel nostro Paese sono in atto cambiamenti silenziosi e gli italiani, accecati da altri problemi, rischiano di fare la fine della rana di Chomsky, che messa a bollire a fuoco lento avverte il pericolo solo quando è talmente debole da non riuscire a fuggire”.

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