27 Aprile 2024 05:46

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27 Aprile 2024 05:46

Imperia: droga e telefonini in carcere, avvocatessa nei guai. Chiesta la condanna a 2 anni e 9 mesi in Tribunale

In breve: L'avvocatessa, difesa dall'avvocato Marco Bosio, che ha chiesto l'assoluzione, è accusata di spaccio aggravato, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, falso e intralcio alla giustizia. 

Due anni e nove mesi di carcere. Questa la condanna richiesta, in sede di udienza preliminare, al termine della propria requisitoria, dal Pubblico Ministero Veronica Meglio, per un’avvocatessa del foro di Imperia, accusata di spaccio aggravato, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, falso e intralcio alla giustizia. 

Imperia: droga in carcere a un cliente, chiesta la condanna

Nel dettaglio, l’avvocatessa è accusata di aver introdotto in carcere un telefonino e alcune schede Sim con l’intento di consegnarli ad alcuni clienti, di aver portato in carcere una dose di hashish, di aver prodotto un certificato medico falso (disconosciuto dal medico), con riferimento a una crisi respiratoria scaturita dalle notizie di stampa che riferivano di una denuncia a suo carico per spaccio di droga in carcere, e di aver minaccio il medico, con messaggi whatsapp, perché ritrattasse il disconoscimento del certificato.

Al termine della propria requisitoria, il Pubblico Ministero Veronica Meglio ha chiesto la condanna a 2 anni e 9 mesi di carcere.

L’avvocato difensore, Marco Bosio, ha chiesto invece l’assoluzione.  Il motivo? Il telefono sarebbe stato introdotto in carcere prima dell’ottobre 2020, data nel quale è entrata in vigore la nuova legge sull’introduzione di dispositivi mobili di comunicazione negli istituti penitenziari, mentre le schede Sim, secondo la tesi difensiva, non sarebbero da considerarsi strumenti idonei alla comunicazioni.

Per quanto riguarda l’accusa di spaccio, l’avvocato Bosio, nella sua arringa, ha spiegato che la droga sarebbe stata consegnata all’ingresso dall’avvocatessa, dopo che quest’ultima ne aveva dichiarato il possesso, all’interno della borsa. Infine, non ci sarebbe alcuna prova che i messaggi al medico avessero carattere minatorio. Si sarebbe trattato solo di uno sfogo, senza la finalità di far ritrattare il professionista.

Il giudice, Paolo Luppi, ha rinviato l’udienza al 4 novembre per repliche e sentenza. 

Nello stesso procedimento sono coinvolti anche un detenuto e un ex detenuto, accusati di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, perché ritenuti destinatari del cellulare e delle scheme Sim. Sono difesi dagli avvocati Urbini e Di Salvo.

 

 

 

 

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