25 Aprile 2024 00:10

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25 Aprile 2024 00:10

Imperia: botte alla madre che perde l’occhio, 30enne a processo. Chiesta l’assoluzione per totale vizio di mente

In breve: Questa mattina, in aula, ha deposto il Ctu nominato dal collegio, il dott. Gabriele Rocca, chiamato a stabilire la sussistenza o meno della pericolosità sociale dell'imputato.

Assoluzione per incapacità di intendere e volere al momento dei fatti. Questa la richiesta del Pubblico Ministero al termine della propria requisitoria, dinnanzi al collegio composto dai giudici Carlo Indellicati, Francesca Minieri e Antonio Romano, nell’ambito del processo che vede sul banco degli imputati il 30enne che, lo scorso dicembre, è stato arrestato per aver aggredito con violenza la madre 58enne.

L’uomo, difeso dall’avvocato Davide La Monica del Foro di Imperia, è accusato di lesioni personali aggravate, porto di armi atti a offendere e maltrattamenti contro familiari.

Imperia: botte alla madre che perde l’occhio, 30enne a processo. Chiesta l’assoluzione

Questa mattina, in aula, ha deposto il Ctu nominato dal collegio, il dott. Gabriele Rocca, chiamato a stabilire la sussistenza o meno della pericolosità sociale dell’imputato. Nel corso della propria deposizione ha confermato la pericolosità sociale del 30enne e, a precisa domanda del Pubblico Ministero, l’incapacità di intendere e volere al momento dell’aggressione alla madre, allineandosi alla perizia del dott. Stracquadaneo.

Il Pubblico Ministero ha chieso così l’assoluzione dell’imputato per totale vizio di mente e il ricovero presso una Rems. Lo stesso ha fatto l’avvocato difensore, che ha chiesto però una misura di sicurezza meno stringente della Rems, come l’inserimento in una comunità.

L’udienza è stata rinviata al prossimo 14 febbraio per la sentenza. 

La vicenda

Secondo l’accusa, il 30enne sarebbe responsabile di maltrattamenti nei confronti della madre 58enne e della nonna 97enne, perpetrati per circa 10 anni, tali da instaurare un regime di “vessatoria prevaricazione” e rendere “intollerabile la prosecuzione della convivenza”, causando in entrambe le familiari uno stato di “costante paura per la propria incolumità, facendole vivere in un clima di terrore”.

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