29 Aprile 2024 18:09

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29 Aprile 2024 18:09

Sanità: il 5 dicembre scioperano i medici ospedalieri. I sindacati, “La sanità pubblica non si vende, si difende”

In breve: Lo sciopero indetto dai sindacati di categoria Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up

Il 5 dicembre i medici ospedalieri italiani si fermano e a memoria d’uomo non si ricorda un altro analogo sciopero in quanto gli specialisti sono quelli con maggiori competenze e senza di loro nient’altro potrebbe funzionare, per questo negli anni hanno sempre lavorato, senza tirarsi indietro malgrado le condizioni di lavoro spesso difficili.

Lo sciopero indetto dai sindacati di categoria Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up

Lo sciopero è stato indetto dai sindacati di categoria Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up al grido di “La sanità pubblica non si svende, si difende!'”.

Uno specialista ospedaliero per fare il suo mestiere dopo la laurea si forma per altri svariati anni ed è un percorso che non termina con la specializzazione ma prosegue ancora per tutta la vita. Anche motivato dalla sua missione un medico ospedaliero oltre ad eseguire i turni diurni, deve anche sopperire a quelli notturni, festivi, prefestivi e reperibilità (non importa che oggi o domani saranno giornate mostruose, se ti chiamano a qualunque ora del giorno o della notte tu devi presentarti al lavoro in 30 minuti, spesso perché non c’è nessun’ altro che sappia eseguire quella specifica prestazione nei paraggi).

Il motivo dello sciopero é che i medici piú anziani rimasti in servizio durante la pandemia e che hanno resistito fino ad oggi malgrado la carenza di personale ed i turni estenuanti si trovano ad un bivio: licenziarsi, terminando il loro percorso nel privato o all’estero, oppure rimanere in servizio nel sistema sanitario sapendo di avere pesanti trattenute sulla pensione.

Spiegano gli addetti ai lavori: Questa è solo la punta di un iceberg molto più profondo, che coinvolge ogni struttura ospedaliera, ma anche ogni ambulatorio sul territorio, colpendo in particolar modo le zone più fragili ed isolate. Oggi sappiamo bene che la sanità Italiana é in profonda crisi e che questa ha radici in scelte formative e di assunzione vecchie di decenni ed anacronistiche.

Ci sono troppi reparti che sulla carta dovrebbero avere ben più del doppio del personale medico oggi presente e malgrado ciò quello residuo deve lavorare molto di più per tamponare la grave situazione al fine di evitare chiusure (ho visto colleghi svolgere mansioni che normalmente vengono eseguite da quattro persone) tutto ciò senza un minimo di gratificazione o incentivo; medici trattati spesso come schiavi in nome della missione necessaria che svolgono e delle competenze acquisite insostituibili; straordinari e doppi turni obbligatori non retribuiti come regola fissa, impossibilità a godere di ferie o permessi, anche i medici sono divenuti dei numeri come gli altri cittadini.

Malgrado i pensionamenti del personale medico siano prevedibili e programmabili, dagli anni ’90 ad oggi non è mai stato creato un percorso di adeguato inserimento lavorativo per i giovani medici neolaureati o i neo specialisti, questi colleghi troppe volte sono dovuti emigrare altrove per trovare un posto di lavoro in quanto in Italia andava tutto bene. Si è sempre atteso mesi o anni dopo un pensionamento (o un licenziamento) per bandire un concorso per poi assumere forse dopo molti mesi qualcuno.

Nessuno ha mai pensato invece a creare per gli studenti di medicina prossimi alla laurea e per gli specializzandi prossimi alla specializzazione un percorso di inserimento nel mondo lavorativo immediatamente al conseguimento dei titoli creando un sistema di affiancamento dei più esperti al fine di sostituirli nel tempo garantendo un adeguato ricambio generazionale oltre alla continuità di cura per i pazienti.

La sanità non è un interruttore che può essere acceso o spento a piacimento è un percorso che dura anni, non si impara ad eseguire interventi o a fare diagnosi complesse da un giorno all’altro. Nessuno ha fatto niente per agevolare né la laurea né la specializzazioni in ambito medico, anzi ciò è stato impedito con vari mezzi negli anni fra cui i vari test di ammissione spesso farlocchi, le poche borse di studio, l’assenza di politiche a supporto di vitto, alloggio e trasporti; in Italia se ti puoi permettere di vivere più di 10 anni fuori casa sulle spalle dei genitori hai la possibilità di diventare medico sennò farai qualcos’altro.

Il risultato è che la sanità è composta prevalentemente da medici ultra cinquantenni (ed in taluni casi ultra sessantenni) i quali ovviamente malgrado l’esperienza non hanno più ne’ le energie ne’ le motivazioni per andare avanti in queste condizioni.

Un tempo c’era almeno un medico per ogni paese, oggi ci sono reparti ospedalieri dove non c’è neanche un medico. Le paghe per i medici ospedalieri sono inoltre altamente inique per le competenze acquisite al di là dei turni massacranti; durante la pandemia un rianimatore che intubava e ventilava un paziente critico aveva uno stipendio lordo inferiore ai medici del GSAT/USCA che eseguivano tamponi nasali, prescrivevano cure di base al domicilio ed inviavano in ospedale i casi che non potevano trattare; la storia si ripete ora, ove il gettonista (spesso con poca esperienza) prende uno stipendio lordo che può essere superiore ad un primario vicino alla pensione.

Altre iniquità assurde sono che a pari anzianità e sempre nella stessa specializzazione un chirurgo percepisce lo stesso stipendio di un collega ambulatoriale, inoltre al momento in ogni caso la paga giornaliera per un ospedaliero è all’incirca sovrapponibile ad eseguire una/due visite in libera professione, malgrado in ospedale le responsabilità, le ore di lavoro lavorate e le competenze necessarie siano nettamente superiori. O qualcosa cambia o è chiaro che il sistema sanitario come oggi lo conosciamo avrà vita breve”.

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